Società
YouPol e 1522: una App e un numero per evitare un dramma silenzioso

Siamo ormai alla fine della quarantena. Da lunedì 4 Maggio abbiamo un pò più di libertà. Siamo stati chiusi in casa, non potevamo allontanarci dai nostri problemi, da relazioni difficili, da noi stessi.
Dagli ultimi dati sembra che ci sia stata una diminuzione delle richieste di aiuto da parte di donne che subiscono violenza rispetto all’anno scorso.
Addirittura la Procura di Roma ha rilevato che le denunce sono diminuite del 20% contro un aumento della gravità delle percosse o comunque dell’intensità degli atti violenti.
Che cosa può essere successo? Ci sono sicuramente alcuni fattori su cui riflettere rispetto ad un tema così difficile e sempre attuale come quello della violenza in famiglia:
Come prima osservazione non si può negare che restando a casa non si ha la possibilità di movimento e soprattutto di fuga, o anche solo forse per stare un momento da soli ed avere coraggio di chiedere aiuto. La vittima spesso teme ad essere scoperta e ha paura a chiamare il 112.
Ci sono tuttavia altre possibilità come il numero di emergenza 1522 che risponde 24 ore su 24 e la App “YouPol” che si può scaricare e utilizzare per poi disintallare e reinstallare al bisogno. Non bisogna neanche dimenticare l’importanza delle persone che appartengono alla rete sociale che circonda questo nucleo familiare, le quali possono percepire qualche pericoloso e fare la segnalazione preservando la vittima dall’essere scoperta.
Si può verificare anche la situazione in cui la vittima e il suo carnefice entrano in un circolo vizioso per cui il controllo dell’uno prevale sulla libertà dell’altra. La paura quindi sovrasta la vittima immobilizzandola e rendendola passiva tanto da non fare quelle azioni che potrebbero portare il carnefice ad attuare violenza.
Il cosìddetto carnefice allora si “tranquillizza” in quanto, avendo la vittima sotto controllo, smette di temere l’eventuale rottura di un rapporto, o solo anche l’eventuale possibilità di un tradimento.
Orbene, mentre l’azione violenta a livello fisico ha meno ragione di esserci, quella verbale prevale dando luogo umiliazioni e denigrazioni che magari la vittima fatica a vivere, ma allo stesso tempo pensa di poter sopportare sperando in futuro di risolvere ogni cosa. In poche parole il carnefice è in standby e la vittima è in una sorta di immobile allerta.
Altro fattore invece che si può verificare è che, in uno spazio limitato e chiuso come quello della casa, le liti possono esplodere e qualora l’eventuale carnefice perda il controllo, la tragedia diventa purtroppo irrimediabilmente distruttiva.
Si parla molto di fondi per i centri antiviolenza in modo che abbiano le risorse economiche per contrastare femminicidi e atti violenti destinati a donne sempre più isolate dalle famiglie d’origine o comunque da un contesto amicale e relazionale.
Servirebbe altresì fondi indirizzati alla formazione di una cultura che valorizzi la donna, che promuova il rispetto delle differenze tra maschile e femminile, che valorizzi nuovi ruoli in grado di sostituire quelli vecchi ed obsoleti degli anni passati, oltreché la confusione di questo ultimo periodo in cui la donna che si realizza professionalmente perde occasioni di vita familiare in quanto corre dietro al lavoro e alle mille cose da fare, costretta a vivere in una società disorganizzata e parcellizzata, incapace di tenere conto della persona nel suo insieme, ma solo delle sue caratteristiche produttive.
L’uomo e la donna fino a prima della quarantena hanno vissuto una quotidianità disordinata annaspando tra un impegno e l’altro intercalato da un divertimento atto ad evadere e non a godere del tempo prezioso che scorre e che forse non abbiamo ancora apprezzato fino in fondo.
Occorre oggi più che mai fare ordine nei nostri spazi, nel proprio tempo, nei propri ruoli intesi questi ultimi non come schemi fissi in cui non ci si può muovere, ma come sistemi in cui agire e adattare la nostra vita in connessione con le persone a noi vicine.
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