Benessere e Salute
Uomo positivo al Covid per 613 giorni consecutivi: nonostante i vaccini somministrati, un caso eccezionale oggetto di studi

Un nuovo caso senza precedenti è stato scoperto dagli esperti del Centro di medicina sperimentale e molecolare (Cemm) dell’University Medical Center di Amsterdam. Un uomo di 72 anni, immunocompromesso, ha ospitato il virus Sars-CoV-2 nel suo corpo per ben 613 giorni, stabilendo un record per la più lunga infezione cronica conosciuta.
Il caso, che verrà presentato al Congresso Escmid Global di Barcellona dal 27 al 30 aprile, mostra come il virus abbia avuto ampio tempo per mutare all’interno del suo organismo. Gli esperti avvertono che casi simili potrebbero fungere da catalizzatori per lo sviluppo di nuove varianti del virus, potenzialmente in grado di eludere il sistema immunitario.
Queste infezioni persistenti, sebbene rare, sono preoccupanti per il possibile aumento delle mutazioni virali, sottolineano gli autori dello studio, che chiedono una maggiore consapevolezza e una sorveglianza genomica attenta.
Il paziente in questione non è sopravvissuto alla sua battaglia con il virus, decedendo a causa di una complicazione della sua patologia ematologica. Ricoverato a febbraio 2022, era considerato immunocompromesso a seguito di un trapianto allogenico di staminali per una sindrome mielodisplastica e mieloproliferativa, complicata ulteriormente da un linfoma trattato con rituximab, un farmaco che depleta le cellule B.
Nonostante le numerose vaccinazioni Covid, al momento del ricovero, l’uomo non mostrava una risposta anticorpale misurabile. Durante i trattamenti, è stata rilevata la presenza della variante Omicron BA.1.17, e nonostante il trattamento con anticorpi monoclonali, il virus ha sviluppato una mutazione resistente. Il sequenziamento del virus ha rivelato oltre 50 mutazioni nucleotidiche rispetto alle varianti contemporanee, con ulteriori modifiche indicative di una possibile fuga immunitaria.
La persistente infezione ha costretto il paziente a lunghi periodi di isolamento e a un uso intensivo di protezioni personali, deteriorando significativamente la sua qualità di vita.
La ricerca sottolinea il rischio di sviluppo di nuove varianti di Sars-CoV-2 in persone immunocompromesse, ma gli autori precisano che non tutte le varianti emergenti in questi pazienti diventeranno necessariamente una nuova variante di preoccupazione. I meccanismi dietro l’emergere di tali varianti sono complessi e dipendono anche dall’immunità della popolazione circostante.
Questo caso estremo, purtroppo non isolato, evidenzia la necessità di ulteriori studi e una sorveglianza attenta, in particolare nei pazienti immunocompromessi, i cui periodi di infezione possono variare da un mese a due anni.
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