Benessere e Salute
Un Natale in isolamento, l’ennesimo periodo difficile dell’anno
Ci viene chiesto di sacrificare la nostra festa più sentita in nome della responsabilità e della possibilità di contribuire con questo al raggiungimento dell’obiettivo principale della nostra comunità: dare la possibilità a tutti di essere curati nel modo migliore possibile e controllare l’espandersi di una pandemia contro cui stiamo lottando.
Il Natale quest’anno sarà diverso, indipendentemente da quali saranno le nostre scelte personali e per averne un assaggio basta aggirarsi tra le vie del centro di Bolzano in queste giornate prenatalizie. Regna una sensazione di attesa e sospensione come se il tempo e lo spazio fossero pienamente consapevoli di ciò che sta accadendo.
Le luci brillano, le strade si decorano, i negozi ci provano esponendo variazioni di rosso e giocando con le combinazioni luminose. Ma alla fine sarà un Natale che ci farà sentire un po’ più soli.
Che cosa è l’isolamento esistenziale?
Ognuno di noi costituisce un mondo strutturato in cui ci sentiamo a casa, circondati da oggetti e relazioni familiari e dove ci sentiamo cullati da un senso di appartenenza in cui il mondo primordiale di vuoto è sepolto e zittito. Nel processo di defamilizzazione i significati sono staccati dagli oggetti e i simboli strappati e disintegrati dall’essere a casa. In questo caso si sperimenta una sensazione di estraniamento, il non essere a casa nel mondo.
L’escursionista che perde la strada, lo sciatore che si ritrova fuori pista, il guidatore che si perde nella nebbia generano sensazioni di terrore che non dipendono da una minaccia fisica. Stranianti sono le esplosioni sociali che all’improvviso sradicano i valori, l’etica e la morale che pensavamo esistessero indipendentemente da noi stessi.
Anche una situazione di pandemia, come stiamo vivendo in questo momento, ci fa sapere che niente è come avevamo sempre pensato che fosse, che tutto quello che consideravamo fisso, prezioso e buono può svanire, che non c’è un terreno solido, che non ci sentiamo più a casa propria, qui o in qualsiasi parte del mondo.
Ma quindi come possiamo pensare il sentimento di essere estraniati, isolati?
Le parole della crescita implicano un processo di separazione per raggiungere l’autonomia, la capacitò di dipendere da sé, l’individuazione, l’essere se stessi e l’indipendenza. La vita umana incomincia con la fusione di ovulo e sperma, passa attraverso l’embrione, la dipendenza fisica dalla madre e una fase di dipendenza fisica ed emotiva dagli adulti circostanti.
A poco a poco l’individuo stabilisce dei confini che segnalano dove esso termina e dove gli altri cominciano e diventa autonomo, indipendente e separato (adolescenza e giovane adultità). Non separarsi significa non crescere, ma il prezzo da pagare per separarsi e crescere è l’isolamento. L’isolamento esistenziale incontra e si intreccia con l’isolamento interpersonale.
L’isolamento interpersonale ed esistenziale sono tappe intermedie l’uno dell’altro: ci si deve separare prima dall’altro allo scopo di incontrare l’isolamento ma proprio affrontando la solitudine consente di impegnarsi con l’altro in modo profondo e significativo. Nessuna relazione può eliminare la solitudine ma questa condizione può essere condivisa in modo tale che l’amore compensi il dolore dell’isolamento.
Ma in quest’ottica è possibile voler bene ad una persona in maniera matura e completa?
Voler bene ad una persona significa relazionarsi in modo disinteressato senza un pensiero che includa: “Che cosa pensa di me? Che cosa posso trarre da questa relazione?” Ci si deve relazionare con tutto il proprio essere: se una parte di noi è altrove, magari a studiare l’effetto che avrà la relazione su una terza persona, la relazione sarà fallita. Voler bene ad una persona significa conoscere e sperimentare l’altro nel modo più completo possibile. Ci si estende nell’altro, riconoscendo l’altro come essere senziente che ha lui stesso costituito un mondo attorno a sé.
Voler bene ad una persona significa preoccuparsi dell’essere e della crescita dell’altro.
Voler bene è attivo. L’amore maturo significa amare, non essere amato. Voler bene è uno dei modi di essere al mondo e non è una connessione esclusiva con una particolare persona. Il voler bene maturo ha origine dalla propria ricchezza, non nella propria povertà. Non si ama perché si ha bisogno dell’altro per esistere o per sfuggire ad una solitudine schiacciante.
Colui che ama in modo maturo ha incontrato questi bisogni in altri momenti e modi tra cui l’amore materno. L’amore passato è quindi la fonte della forza: l’amore presente è il risultato della forza. Voler bene è reciproco. Il voler bene maturo ha delle ricompense: si è modificati, arricchiti e appagati e la solitudine esistenziale è attenuata.
Quindi amore e condivisione interpersonale come antidoto all’isolamento?
Anche se l’incontro interpersonale può moderare l’isolamento esistenziale, non lo può eliminare.
All’isolamento non c’è una soluzione. Fa parte della nostra esistenza e dobbiamo trovare un modo per assumerlo dentro di noi. La comunione con gli altri è la nostra massima risorsa disponibile per mitigare il terrore dell’isolamento. Essere contemporaneamente presenti insieme ad altri nel mare dell’esistenza genera una forte compassione ed empatia ma per poter tollerare l’isolamento è necessario affrontare pienamente la propria condizione esistenziale.
La pratica della meditazione costituisce un approccio alla consapevolezza dell’isolamento. Gli individui fronteggiano l’angoscia legata all’isolamento in una situazione di rilassamento. Vengono invitati a confrontarsi con l’isolamento lasciandosi andare, svuotando la propria mente e reagendo in armonia con il mondo.
Il contributo per la Voce di Bolzano è del dr. Giorgio Sparapani, psicologo e psicoterapeuta ad indirizzo gestaltico.
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