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Test rapidi per il Coronavirus, Lavorgna: “Un sistema inaffidabile se usato da solo”

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Entro uno-due giorni saranno disponibili 15 mila test rapidi da somministrare in prima battuta agli operatori sanitari.

Si tratta di test sierologici con i quali si ricercano nel sangue anticorpi IgM e IgG contro il SARS-COV-2. Questi anticorpi compaiono circa 7-15 giorni dopo l’avvenuta infezione, anche se in letteratura esistono dati contrastanti.

Il test può essere usato per identificare soggetti guariti, paucisintomatici (con sintomi lievi) o asintomatici che altrimenti sfuggirebbero all’attenzione delle autorità sanitarie. Per quanto riguarda gli individui guariti, ad oggi non si sa se e per quanto conservino una memoria immunitaria.






Il test rapido, a causa della minore affidabilità e della mancata validazione – afferma Valerio Lavorgna, medico e Consigliere di Circoscrizione Gries-San Quirino – non può essere usato per fare diagnosi sul singolo individuo e non può essere lo strumento, o quantomeno l’unico strumento, al quale affidarsi per riprogrammare la riapertura delle attività lavorative.

Le attività lavorative dovranno riaprire solo dopo aver introdotto delle misure di prevenzione igienico sanitarie efficaci. Ma questo è un altro argomento. Tornando ai test, il gold standard (standard di riferimento) rimane il test molecolare con metodo REAL TIME PCR su campione prelevato tramite tampone oro- e nasofaringeo, cioè quello attualmente in uso, dotato di maggiore specificità e sensibilità”.

Continua il consigliere: “È su questo test che si dovrebbero concentrare tutte le risorse disponibili. Ho notizie di ritardi nella comunicazione degli esiti e di difficoltà nella gestione degli appuntamenti. Tutto ciò ha delle conseguenze sulla ricerca dei contatti a rischio.

Posso solo fare delle ipotesi su quali siano le criticità: l’elevato numero di tamponi, la mancanza di personale e strutture sottodimensionate rispetto alle esigenze straordinarie di questo periodo probabilmente stanno rivestendo un ruolo determinante.

Per questo motivo ritengo che una scelta saggia da parte della Giunta Provinciale sia quella di potenziare l’attuale sistema, saturo e in difficoltà, tralasciando soluzioni alternative utili per le indagini epidemiologiche, ma meno affidabili per l’individuazione degli infetti e il contenimento dei contagi”.

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