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Schiaffo romano alla Svp: la legge sui contratti d’opera in Sanità verrà modificata

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La legge provinciale che regola i contratti d’opera in Sanità verrà modificata, per evitare l’impugnazione da parte del governo di Roma., che sarebbe piombata inevitabile sulle testoline calve dei dirigenti provinciali e sanitari locali entro la sua naturale scadenza, ovvero quella di domani, 26 novembre 2019.

Un’azione sicura, proprio quella dell’impugnazione, che avrebbe portato alla cancellazione definitiva della modifica della clausola sulla lunghezza massima di questo tipo di contratti in Sanità, ovvero 5 anni.

Stiamo parlando ora dell’impegno, già annunciato da parte di Kompatscher, di abolire l‘articolo 29 della legge provinciale n. 8 del 24/09/2019 (pubblicata sul B.U.R. n. 39 del 26/09/2019 e che a sua volta modificava la legge provinciale 21 giugno 1983, n. 18) in base alla quale, al comma 1/quater “al fine di garantire il regolare svolgimento dei servizi sanitari i contratti d’opera o rapporti di diritto privato di cui al comma 1/bis possono essere stipulati per una durata massima di cinque anni.






Noi lo avevamo scritto in Tanto va la gatta al lardo… che ci lascia il contrattino, articolo contenuto all’interno della nostra rubrica Angolo di Bellerofonte.

Il paradiso degli approfittatori

Cinque anni dunque e non tre come prevede la legge nazionale. Parliamo di prestazioni autonome e senza vincoli di subordinazione, vincolate però contrattualmente e ridotte a strumenti che ostacolano la regolarizzazione delle figure professionali che operano nelle strutture sanitarie in Trentino Alto Adige.

Sono in totale 169 le persone che lavorano con contratti d’opera presso l’Azienda sanitaria altoatesina e di queste 32 sono medici in pensione.

Alla fine dell’anno in corso, 83 di questi contratti raggiungeranno la durata di due anni (con la legge nazionale che come abbiamo visto ha portato il limite a 3 anni): se la legge provinciale che imponeva di allungare la durata massima per questo genere di contratti a 5 anni fosse stata lasciata così come è, allora avremmo assisitito all’ennesimo lampante caso di violazione di una normativa nazionale a favore di quella locale, oltre che alla proroga per legge del diritto di sfruttamento. 

La motivazione è presto spiegata dal fatto che il ricorso al contratto d’opera deve essere una eccezione da considerare nel caso in cui ad una struttura manchi uno specialista, lacuna che nemmeno un concorso in quel caso è riuscita a sanare.

In Alto Adige la situazione invece ha preso i contorni della consuetudine, ovvero si rinuncia ai concorsi e si ricorre ai contratti d’opera, dove in alcuni casi sono stati sottoscritti contratti anche con personale in pensione ultrasettantenne.

Con i termini in scadenza per l’utilizzo dei contratti d’opera previsti dal comma 449 della Legge Finanziaria 2018, la provincia avrebbe dunque derogato ulteriormente i tempi di utilizzo dei predetti contratti.

Approfittando di quel famoso emendamento dei parlamentari Schullian e Plangger che inseriva nella legge fnanziaria del 2018, nel comma 452, la norma che prevede che i nuovi contratti stipulati non debbano essere considerati come lavoro subordinato, l’azienda sanitaria locale ha fatto man bassa nell’uso dei contratti d’opera arrivando a quasi 200 e facendo incetta anche di professionisti in quiescenza ed in là con gli anni (vedi i 32 pensionati).

Come sarebbe stata dunque proponibile un’ulteriore proroga ai contratti d’opera, soprattutto per l’inosservanza del comma c) che prevede che “il concorso pubblico bandito nell’arco dei dodici mesi precedenti per la copertura dei corrispondenti posti in organico abbia avuto esito negativo”?

Non è stato necessario, come detto, ricorrere all’impugnazione, la quale peraltro sarebbe risultata urgente data la scadenza del 26 novembre 2019, proprio perché pare che il governatore, a questo proposito, abbia deciso di arrendersi all’evidenza e ad autorizzare la modifica.

A molto è servito l’impegno, o per meglio dire l’offensiva del locale sindacato dei medici Anaao Vlk dell’Alto Adige che si è sempre opposto all’utilizzo dei medici contrattisti.

In questa occasione, ha ricordato il vicepresidente Edoardo Bonsante che “tali tipologie contrattuali lasciano le strutture sanitarie in balia dell’incertezza a causa di mancate programmazioni e di un’insicurezza insita proprio nella precarietà di stato di ogni singolo operatore sanitario, che si riverbera inevitabilmente nelle prestazioni sanitarie“.

Ma nulla sarebbe stato possibile senza la guida del dirigente medico esperto in Sanità Costantino Gallo e del consulente tecnico in ambito sanitario, il pentastellato Fabrizio Pollinzi, firmatario quest’ultimo, della petizione lanciata lo scorso martedì per l’abrogazione dell’articolo incriminato.

Un risultato sicuramente dovuto all’impegno di questi professionisti, anche attraverso la petizione con la quale per l’appunto si chiedeva l’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale della legge provinciale n. 8/2019 promulgata dalla Provincia Autonoma di Bolzano, che prevede la proroga dei termini di scadenza per l’uso dei contratti d’opera in ambito regionale e che mira ad evitare palesemente la regolarizzazione delle figure professionali che operano nelle strutture sanitarie in Trentino Alto Adige.

Tutto è bene ciò che finisce bene, si potrebbe affermare. Infatti nella scorsa settimana proprio a causa di questa legge e quella, anch’essa provinciale, sull’ordine dei medici, abbiamo assistito a uno scontro tra Gallo, Pollinzi e il consigliere provinciale del MoVimento 5 Stelle Diego Nicolini, anche se tutte e tre le parti affermano che non si è mai trattato di una questione personale, ma di una diversa angolazione nella visione politica della questione.

Del resto, è noto come i primi due, temibili avversari e avversatori dell’illecito, siano intransigenti e non guardino in faccia a nessuno quando ci si imbatte in casi plateali di inosservanza della Costituzione e delle leggi della Repubblica.



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