Le nostre storie
Piero Abate, l’allenatore dei ragazzi: “A loro trasmetto l’amore per lo Sport, scuola di vita”
Le nostre storie: un modo per raccontare, raccontarsi e scoprire tutto quello che la nostra città e perché no, la nostra provincia può ancora rivelare di sé e della propria ricchezza. Per inaugurare la nostra rubrica settimanale, abbiamo scelto di esordire con un argomento che interessa a grandi e piccini: lo sport.
In particolare il calcio, ed il rapporto tra giocatori, allenatore e genitori.
Un’analisi sincera ed appassionata, che coinvolge tutti i protagonisti di questo magnifico sport di squadra, sia in campo che sugli spalti. E chi, meglio del Mister Giampiero Abate può raccontarci, forte di una vita sul tappeto verde, come è cambiato negli anni, il rapporto tra le varie figure che gravitano intorno a questo sport?
Innanzitutto vediamo chi è Giampiero Abate:
Classe 1948, Giampiero detto Piero, nasce a Calcinato, un piccolo paesino del bresciano, dove il calcio si praticava all’oratorio, e la speranza di lasciare la provincia per militare in una grande squadra, si materializzava nei sogni, dei piccoli calcinatesi.
Con grande impegno e dedizione Piero approda, appena 16enne, alle giovanili del Brescia, al tempo in serie C, per poi passare 19enne al Rovereto negli anni della serie D e successivamente al Sottomarina nuovamente in serie C.
A 22 anni l’amore per una bellissima ragazza germanica, lo fa approdare in Alto Adige, dove trova immediatamente un posto da titolare nell’Oltrisarco in serie D. Finita la carriera professionale, Piero troverà poi, nel tempo, la sua naturale collocazione, a bordo campo, e ad oggi resta uno tra i più apprezzati allenatori delle giovanili, in regione.
In questa breve intervista, fatta guarda caso, proprio a bordo campo, in mezzo ai ragazzi della Virtus Bolzano 2009/2010 Piero ci e si racconta.
Da quanti anni allena le giovanili e cosa le piace maggiormente, di questo incarico così importante?
Con ben 40 anni di esperienza, mi ritengo molto soddisfatto, dei risultati ottenuti, con le giovani leve calcistiche. Mi piace insegnare i fondamentali, ma anche introdurre qualche novità. Creo esercizi nuovi e sono sempre in costante aggiornamento.
Da 11 anni organizzo un Camp estivo, al quale partecipano, su mio invito, allenatori di grandi società calcistiche come il Milan, l’Inter, l’Ajax , il Borussia Dortmund solo per citarne alcune. Quest’anno sono arrivati ben 91 ragazzini da tutta la Provincia. Mi piace stare in mezzo ai giovani, mi danno la carica, e negli anni ho capito che seppur sia io a dover insegnare a loro, loro di riflesso, insegnano qualcosa a me.
I suoi giocatori sono bambini tra gli 8 e i 10 anni, qual è il messaggio più importante che vorrebbe si portassero dentro, anche da adulti?
Ho inventato un codice speciale, si chiama “RAISD”. È l’acronimo di: rispetto, applicazione, impegno, serietà, divertimento. Un mio allievo (Sgarbi ndr) che ora gioca nella primavera del Napoli, se lo ricorda ancora, ed in un’intervista, mi ha ringraziato, perché il mio “RAISD” gli è stato utile, per crescere come giocatore e come uomo.
È uno stile comportamentale da applicare non solo nel calcio, bensì in tutti gli ambiti della vita. Inoltre, ci tengo molto a precisare, che chiedo ai miei giocatori l’esito della pagella scolastica. Li canzono dicendo “non voglio bambini ignoranti nella mia squadra”, questo perché vorrei che tenessero sempre a mente che lo studio è fondamentale per crescere ed ottenere risultati futuri.
In Italia si usa dire che “siamo tutti allenatori”. Secondo lei è cambiato negli anni, il rapporto tra genitori ed allenatore ?
I miei genitori, per esempio, non sono mai venuti a vedermi giocare. Questo non perché non mi volessero bene, ma erano altri tempi, noi ragazzini ci arrangiavamo in tutto. Quello che è cambiato oggi, è la considerazione della figura insegnante. Inteso proprio come la persona che insegna, e per la quale bisogna sempre avere rispetto e stima.
A volte i genitori tendono a sostituirsi all’allenatore, magari rimproverando il giocatore più del dovuto. Questo crea uno squilibrio nel giovane, che non capisce più chi deve essere la sua figura di riferimento, nell’ambito sportivo. Insegnare nella maniera giusta non è semplice, per questo gli allenatori sono professionisti, con alle spalle anni di militanza calcistica o di studi finalizzati alla formazione dei giovani calciatori.
Un consiglio a tutti i genitori che seguono con grande passione i propri figli dagli spalti?
Lasciate che i ragazzi si divertano, che sbaglino, e che abbiano il tempo di correggersi. Godetevi la partita, tifate con ardore e gioite delle vittorie con i vostri figli. E nelle sconfitte, trovate il modo di premiare l’impegno, sempre. Così questo sport, continuerà ad essere oltre al divertimento, anche un’importante scuola di vita.
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