Bolzano
Parenticidio: semplice crimine o espressione di psicopatologia?
Il vocabolo parenticidio non è di uso frequente e sta ad indicare l’uccisione o la tentata uccisione di entrambi i genitori da parte di un figlio in un arco di tempo ristretto. Come il vocabolo anche l’eventualità di tale efferatezza non è fortunatamente di riscontro assai ampio, ciò non di meno il parenticidio, o genitoricidio, rappresenta un fenomeno criminale in grado di generare significativo allarme sociale evidenziando, peraltro, dinamiche criminali che si prestano sempre meno a interessamenti e letture di tipo strettamente psicopatologico.
Abbiamo chiesto un approfondimento al dott. Michele Piccolin, psicologo forense, Consigliere Ordine Psicologi Bolzano, Referente regionale Associazione Italiana Psicologia Giuridica.
Dottor Piccolin, ci si interroga su quale prospettiva oggi possiamo intravedere rileggendo il cambiamento che hanno subito i rapporti all’interno dei nuclei familiari negli ultimi due decenni.
“La famiglia, nucleo cellulare della nostra società, in questi ultimi anni è stata interessata da importanti cambiamenti che hanno portato in media ad una iperestensione del periodo dell’accudimento dei figli. Periodo che non termina quindi più una volta superata l’età dell’adolescenza ma che spesso, complice anche la crescente precarietà del mondo del lavoro, si estende alla piena età adulta, rendendo più complicati i rapporti tra membri della famiglia forzatamente conviventi e ricco di ‘normali’ possibilità di scontro il vivere quotidiano.
Volendo descrivere statisticamente il fenomeno del parenticidio si può riferire come circa il 4% degli omicidi italiani negli ultimi 20 anni riguardi uno o entrambi i genitori dell’autore. A commettere tale tipo di crimine giungono per lo più gli uomini in una fascia di età che varia statisticamente tra i 22 e i 35 anni. La distribuzione geografica dei delitti vede una prevalenza di parenticidi nelle regioni dell’Italia meridionale, seguite da quelle settentrionali e infine da quelle centrali. A livello regionale, la concentrazione più elevata si è riscontrata in Campania e in Sicilia, seguite da Lombardia e Toscana“.
Cosa potrebbe determinare a suo parere un possibile atto omicida da parte di un figlio nei confronti dei propri genitori? Quali dinamiche possono portare ad un deteriramento dei rapporti familiari tale da portare ad un parenticidio?
“In relazione alle caratteristiche determinanti del delitto va evidenziato come sia risultato di larga importanza la condivisione degli stessi spazi abitativi di vita. I mezzi adoperati sono risultati essere nella maggior parte dei casi le armi da punta e da taglio, seguite dalle percosse a mani nude. Quanto all’atteggiamento post delictum statisticamente va segnalato come diversi siano i casi in cui l’autore dopo il fatto cerchi per quanto possibile di tornare ad una apparente normalità e a rifugiarsi nella quotidianità. Solo con il passare del tempo aumenta la quota di autori che finisce per cedere e rinunciare ad un atteggiamento dissimulatorio.
Circa poi il movente dei parenticidi va operato un importante distinguo: statisticamente circa i due terzi dei genitoricidi hanno origine non patologica e, più precisamente, lasciano rilevare motivazioni ricollegabili a interessi economici o ad altri elementi riconducibili a filoni di litigiosità familiare.
Solo un terzo di questi delitti vede invece la presenza di una franca e solitamente preesistente psicopatologia dell’autore. In tali casi le condizioni psicopatologiche che con maggiore frequenza risultano collegate al fenomeno si sono rivelate essere la schizofrenia, gravi forme depressive e i disturbi di personalità, con prevalenze per quelli antisociale e narcisista”.
Potrebbe quindi farsi strada anche l’ipotesi di una patologia mentale all’origine di un genitoricidio?
“Prima di insistere sui moventi riconducibili a malattia mentale è bene sottolineare che per eliminare fisicamente due o più persone in maniera coordinata si richiede necessariamente un certo grado di organizzazione e a volte anche quindi di premeditazione. Ricerche in ambito criminologico indicano infatti come solo nella minor parte dei casi il parenticidio avvenga in modo del tutto improvviso e incontrollato; come financo la scelta delle armi da utilizzarsi spesso non sia casuale e come la cosciente preparazione dell’atto possa poi riscontrarsi anche negli efficaci tentativi di occultamento o distruzione dei cadaveri.
Al contrario invece, quanto più ci si dovesse trovare di fronte ad una scena del crimine o ad un modo di operare impulsivo, caotico, decontestualizzato, incongruente e financo bizzarro e le indagini dovessero stringere il cerchio attorno ad un soggetto con pregresse acclarate e rilevanti disfunzionalità psicopatologiche, tanto più si dovrà valutare l’eventuale contributo di un disturbo mentale alla genesi dei fatti criminosi“.
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