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Omicidio Verzeni: l’Italia non diventi un lazzaretto o il manicomio del mondo

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Deve essere stato assai indigesto per alcuni soggetti di area progressista apprendere, in questo particolare momento di piena offensiva politico-mediatica sull’ argomento, che il presunto assassino di Sharon Verzeni ha tutti i requisiti indicati da chi non vuole allentamenti sulla concessione del diritto di cittadinanza agli stranieri di seconda generazione: figlio di immigrati, disoccupato, una socialità fallita, abitueé del mondo della droga, violento, rancoroso ed instabile.

Meglio dunque spostare immediatamente l’attenzione pubblica sulla figura dei due “super” testimoni, anche loro di origine straniera, ma con percorsi completamente opposti: lavoratori, integrati nella società, sportivi di buon livello, con un italiano parlato corrente, rispettosi di leggi e con spiccato senso civico, essendosi presentati spontaneamente alle Forze dell’ Ordine.






Questo spostamento dell’attenzione però – a mio parere – fallisce miseramente perché presunto reo e questi due testimoni hanno in comune una  cosa: la cittadinanza italiana ed la circostanza indica immediatamente un contrasto di posizione, insanabile.

Ciascuno di noi conosce situazioni riconducibili all’una e all’altra categoria e ritiene, a ragione, che chi appartiene alla categoria del presunto assassino non è punto meritevole della nostra cittadinanza, neanche dopo qualche annetto di scuola, figuriamoci se addirittura per diritto automatico di nascita in Italia.

Il fatto che il reo confesso invece sia cittadino italiano pone interrogativi sulla bontà della normativa attuale, che lo pone sullo stesso piano degli altri due, e questo può essere ritenuto un problema.

Possibile problema che non va affrontato con un teorema legislativo o un postulato ideologico ma, una volta tanto, con senso pratico, norme certe e soprattutto esaminando caso per caso, evitando il cieco tunnel dei ricorsi giurisdizionali, dei pietismi e, possibilmente, evitando di essere presi in giro da chi chiede asilo e aiuto in Italia.

Quindi, con buona pace dei soggetti di cui sopra, personalmente, non ritengo possibile concedere la cittadinanza per nascita e nemmeno solo dopo un mero percorso scolastico, perché a mio parere devono essere presi in considerazioni ulteriori parametri che vadano ad indicare un inserimento concreto nel nostro tessuto sociale ed, in definitiva, giungere a meritare il titolo di cittadino italiano, che deve essere un traguardo per chi lo raggiunge e non un numero in più  per  implementare il serbatoio di voti per le sinistre politiche.

A chi scrive, come personale opinione e pensiero, vengono in mente, quali possibili requisiti obbligati, l’integrazione linguistica in primo luogo, l’integrazione sociale attraverso la concreta partecipazione alla vita della comunità, il lavoro regolare, il senso civico, la non frequentazione di formazioni sociali o religiose ostili alle nostre, l’assenza di rilievi penali di un certo tipo, anche l’ assenza di situazioni psicologiche e psichiatriche.

Questo, ritengo, perché l’Italia non può diventare il lazzaretto o il manicomio del mondo e nemmeno il ricettacolo di terroristi, drogatispacciatori, violenti, furbetti della ricongiunzione, finti richiedenti asilo e così via, il senso si è capito. Ne abbiamo già in abbondanza, anzi siamo sold out e personalmente non penso occorra accoglierne altri.

a cura di Stefano Sforzellini

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