Scienza e Cultura
Nuova ricerca mira a salvare fossili dai funghi

Il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige conserva oltre 22.000 fossili dell’Alto Adige, molto ben conservati e di grande importanza per la scienza. Come proteggerli dal fastidioso problema delle infestazioni fungine? Questo il tema di un nuovo progetto di ricerca.
L’infestazione fungina è un problema diffuso, con conseguenze spesso gravi, che la maggior parte dei musei e delle collezioni deve affrontare prima o poi. I funghi infatti crescono molto rapidamente e causano in breve tempo macchie bianche o colorate sulla superficie degli oggetti, ma anche danni più gravi; in condizioni ambientali adatte, le spore fungine possono persino diffondersi nell’aria.
Poiché le muffe si nutrono principalmente di materiale organico, nelle collezioni d’arte e scientifiche sono particolarmente a rischio gli oggetti realizzati con materiali che possono essere decomposti dai funghi.
Anche il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige conosce il problema: nel 2019, ad esempio, sono stati scoperti residui di infestazione fungina su alcuni cartoni, rocce e piante fossili. E se anche gli oltre 5400 piante fossili delle Dolomiti, molto ben conservate al museo e descritte in varie riviste internazionali, venissero attaccati?
Nonostante questo pericolo reale, non esiste praticamente alcuna letteratura sull’infestazione dei fossili nelle collezioni. Con il progetto di ricerca “MycoPB – Strategie di controllo delle infestazioni fungine sui fossili vegetali“, il Museo di Scienze Naturali intende colmare questa lacuna.
L’obiettivo è sviluppare un metodo per individuare precocemente le infestazioni fungine sui fossili vegetali e poter procedere correttamente alla lotta contro il fungo. Le ricercatrici e i ricercatori si concentreranno sulle seguenti domande: quali tipi di rocce o stati di fossilizzazione dei fossili vegetali sono particolarmente suscettibili all’attacco dei funghi? Come reagiscono le rocce e i fossili vegetali ai metodi tradizionali di lotta contro l’infestazione fungina? E i metodi di trattamento hanno un effetto fisico e geochimico sui fossili vegetali?
Si occuperanno di queste questioni la paleobotanica Evelyn Kustatscher del Museo di Scienze Naturali, lo specialista di funghi fossili e recenti Michael Krings della Collezione Bavarese di Paleontologia e Geologia e la microbiologa Katja Sterflinger dell’Accademia di Belle Arti di Vienna, specializzata nel restauro di opere colpite da muffe.
Esamineranno l’intera collezione paleobotanica del museo, determineranno per ogni fossile se è presente un’infestazione fungina e dove si è diffusa, e infine puliranno gli oggetti. Analizzeranno poi nuovamente gli oggetti per valutare l’effetto della pulizia. Lo stesso esame sarà effettuato dopo sei mesi per determinare se l’infestazione fungina si è ripresentata.
Il progetto svilupperà inoltre un sistema di gestione integrata dei parassiti, che valuterà il rischio, individuerà le misure preventive e creerà un ambiente ostile ai parassiti. Previsti anche un monitoraggio regolare e un manuale per il trattamento delle infestazioni fungine.
Il progetto ha una durata di 30 mesi ed è sostenuto dal fondo di ricerca dell’Azienda Musei provinciali con 62.200 euro.
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