Società
Muser: “Pasqua ci doni il desiderio di pace, di unità nella diversità”
“Non esistono vittorie ottenute attraverso la guerra, il nazionalismo, il disprezzo di altri popoli. Nella prospettiva di speranza che la Pasqua ci assicura, chiediamo il dono dell’unità nella diversità, qui in Alto Adige come in un’Europa comune”: è un passaggio dell’omelia del vescovo Ivo Muser, che nella solennità di Pasqua ha celebrato domenica 17 aprile il pontificale trilingue a Bolzano.
Il vescovo ha invocato la pace, “da costruire e rafforzare giorno per giorno. La pace è l’eredità che dobbiamo lasciare ai nostri giovani perchè la trasformino in un bene duraturo”.
Nel duomo di Bolzano gremito di fedeli il vescovo Ivo Muser ha raccontato dell’incontro con alcune donne ucraine fuggite dalla guerra e accolte con i figli nella Casa diocesana a Sarnes di Bressanone: “Ho chiesto a una di loro cosa pensava quando è salita sull’autobus che l’avrebbe portata via dalla sua patria. Mi ha risposto: la Pasqua tornerà sicuramente, per noi e per il nostro Paese, questa è la mia forza ed è ciò a cui mi aggrappo con i miei due bambini“.
La Pasqua, ha dunque ricordato monsignor Muser nell‘omelia, è il messaggio centrale per l‘umanità: “Dio non ha abbandonato alla morte Gesù crocifisso. L’evento pasquale è la buona notizia per eccellenza: dà un senso ultimo alla vita, nonostante tutto e attraverso tutto.“ Ciò che accadde la prima mattina di Pasqua a Gerusalemme, ha sottolineato il vescovo, “rimane la scintilla iniziale e il fondamento della fede cristiana: nel vivere, nel morire e oltre questo mondo.“
In questo tempo così difficile, il vescovo ha ribadito ai fedeli che “la Pasqua non si arrende all‘esperienza del Covid né davanti al terrore della guerra in Ucraina. La speranza è la prospettiva della Pasqua. Sperare significa oltrepassare limiti, non essere assorbiti nel qui e ora, non restare fermi semplicemente a una dimensione solo umana, intramondana. La speranza mantiene l’orizzonte aperto al futuro.“
Un segno concreto della speranza pasquale, ha aggiunto Muser, “lo vediamo anche nella grande solidarietà degli altoatesini come risposta allo scoppio della guerra il 24 febbraio. Le offerte alla Caritas diocesana hanno superato il milione di euro. Sono stati realizzati tanti altri segni, progetti, raccolte e iniziative di vicinanza e di generosità.
Di tutto questo possiamo essere fieri e nel giorno di Pasqua, nel giorno solenne della nostra speranza, dico a tutti un sentito e commosso grazie.” Tra i concelebranti in duomo c’era anche don Vasyl Demchuk, sacerdote della Chiesa greco-cattolica di Ucraina, nato a Leopoli e che vive a Bolzano dove insegna religione.
Ancora una volta il vescovo ha invitato a non dimenticare mai che la guerra non inizia sui campi di battaglia, ma sempre nei pensieri, nei sentimenti e nelle parole delle persone: “I nostri pensieri non sono mai neutrali e il nostro linguaggio rivela sempre ciò che pensiamo.”
E quando una guerra finisce, “ci sono sempre e solo sconfitti. Non esistono vittorie ottenute attraverso la guerra, il nazionalismo, il disprezzo di altri popoli, lingue e culture”, ha rimarcato Muser. La richiesta che facciamo oggi, “è che ci venga donato il desiderio dell’unità nella diversità, qui in Alto Adige come in un’Europa comune, dove culture diverse si incontrano e si arricchiscono a vicenda.”
Al centro dell’augurio finale il vescovo ha messo la pace, “che è sempre dono, ma dev’essere anche voluta e preparata. È un obiettivo da costruire e rafforzare giorno per giorno, è l’eredità che gli anziani e gli adulti consegnano ai bambini e ai giovani affinché la trasformino in un bene comune duraturo.”
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