Società
Mandato missionario: il ladino Stefano Trevisan parte per il Sud Sudan

Nella chiesa parrocchiale di Millan a Bressanone, dedicata al missionario ladino san Giuseppe Freinademetz, padre Stefano Trevisan, comboniano di 37 anni della val Badia, ha ricevuto il mandato missionario dopo un percorso di formazione e studio che tra l’altro lo ha portato per sei mesi in Irlanda. Padre Trevisan sarà chiamato a svolgere il suo servizio in Sud Sudan. A presiedere la celebrazione a Millan è stato il vescovo Ivo Muser, che ha consegnato al giovane ladino la croce missionaria. Il 28 giugno 2020 monsignor Muser aveva ordinato sacerdote Stefano Trevisan nel duomo di Bressanone. Il giovane di San Vigilio di Marebbe, ex maestro di sci, dopo un viaggio in Africa nel 2009 aveva deciso di intraprendere la strada del sacerdozio e della missione nella comunità religiosa dei padri comboniani.
L’augurio del vescovo a padre Stefano: “Che il tuo servizio in missione sia segnato dall‘impegno per la giustizia, la pace e la cura del pianeta Terra come nostra casa comune. E che, sull’esempio di san Daniele Comboni, tu possa fare sempre tutto non solo per le persone ma con le persone, in modo che diventino esse stesse protagoniste della loro vita“.
Nella sua omelia di “commiato” a Millan padre Trevisan ha citato due testi significativi: di san Freinademetz ha letto un passaggio della predica pronunciata prima della partenza per la Cina. “Il Signore mi invita ad andare via con lui – disse Freinademetz – da questi nostri fratelli al di là del mare, che ci stendono incontro la mano pregando aiuto. Pesante è anche per me abbandonare i miei amati genitori, tanti magnanimi benefattori e amici. Ma alla fin dei conti, l’uomo non è per questo mondo. Egli è per qualcosa di più; non per goder la vita, ma per lavorare ovunque il Signore lo chiami. Perciò pieno di fiducia e tranquillo io vado dove egli mi chiama“.
Padre Trevisan si è poi soffermato sul significato del partire attraverso le parole dell’arcivescovo brasiliano Helder Camara: “Partire è smetterla di girare in tondo intorno a noi, come se fossimo al centro del mondo e della vita. L’umanità è più grande ed è essa che dobbiamo servire. Partire è anzitutto aprirci agli altri, scoprirli, farci loro incontro. Aprirci alle idee, comprese quelle contrarie alle nostre. Un buon camminatore si preoccupa dei compagni scoraggiati e stanchi. Li prende dove li trova. Li ascolta, con intelligenza e delicatezza, soprattutto con amore, ridà coraggio. Partire è mettersi in marcia e aiutare gli altri a cominciare la stessa marcia per costruire un mondo più giusto e umano“.
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