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Mafia nigeriana: perché si tace anche in Alto Adige l’esistenza del “business nero”?

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Quando si parla di richiedenti asilo, accoglienza e dei vari reati commessi da chi è in Italia a chiedere aiuti umanitari, è vietato fare riferimento alla mafia nigeriana.

L’idea che si vorrebbe trasmettere è che prostituzione e spaccio abbiamo conquistato spazi importanti in Italia, ma anche in Alto Adige, in modo del tutto naturale e spontaneo.

Le ragazze di colore altro non sarebbero che delle pendolari del sesso in arrivo in treno da Brescia e Verona che salgono a  Rovereto e Trento per arrivare fino alla provincia di Bolzano. Oppure vorrebbero farci pensare che gli spacciatori che hanno conquistato la zona di piazza Stazione lo avrebbero fatto in maniera indipendente.

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Inutile negare che dietro a questi fenomeni criminali ci sia un’organizzazione, un racket, dei malavitosi capaci di sfrattare cartelli criminali albanesi, nord africani, ma anche italiani che controllavano il territorio.

Un altro esempio è la mano d’opera agricola del Sud da sempre controllata dal caporalato di stampo mafioso. Anche in questo caso, monopolio perso a favore dei gruppi di profughi che occupano fabbricati dismessi, strade, in una parola il territorio.

Non dimentichiamo che lo stesso fenomeno migratorio è controllato dall’Africa alle coste mediterranee, da mafie locali che organizzano i trasferimenti: bene con tutte queste premesse si preferisce non parlare di mafia nigeriana strettamente connessa al business dell’immigrazione, per non aprire uno scenario di difficile gestione.

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Anche perché l’accusa di associazione mafiosa innescherebbe uno scenario giudiziario del tutto diverso e molto più grave della sola accusa di spaccio e sfruttamento della prostituzione.

Il caso più clamoroso è quello dell’assassinio di Pamela Mastropietro a Macerata dove la mafia nigeriana era una pista importante sia perché la modalità con la quale è stata uccisa è riconducibile a riti mafiosi e voodoo, ma anche perché dalla Germania è arrivata una richiesta di comparare episodi simili: nello specifico l’assassinio di una prostituta a Amburgo dove sarebbe stata la mafia nigeriana a fare a pezzi una ragazza per punizione.

Certo bisogna andare estremamente cauti, però è innegabile che droga e prostituzione siano diventati un “business nero”, che siano frequenti i patti con i clan italiani e come alcuni centri d’accoglienza siano controllati a livello di gang. Nella prossima puntata entreremo nel dettaglio delle ramificazioni, della presenza territoriale delle gang in Italia e dei riti di iniziazione.

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