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Oltradige e Bassa Atesina

In diecimila per l’Egetmann di Termeno: grande successo per il “carnevale dei misteri”

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Grande successo oggi (5 marzo) per la sfilata dell’Egetmann di Termeno.

Diecimila i partecipanti per quello che è considerato uno dei più misteriosi, almeno per le origini, eventi carnevaleschi dell’Alto Adige e di tutto l’arco alpino.

Apre la sfilata un trombettiere, seguito dai contadini a cavallo con i loro servi e dai contadini che sventolano fruste (“Ausschnöller“).






Poi arrivano gli stradini, con il compito di tenere pulito e sgombro il percorso.

Dietro loro tutta la popolazione contadina con gli antichi attrezzi per lavorare la terra che accompagna il carro carico di sementi (simbolicamente rappresentati da segatura, fieno e polvere). Ed ecco sfilare la figura centrale:

L’”Egetmannhansl“, un pupazzo in giacca nera, cilindro e guanti bianchi su un calesse, accompagnato da un servo. Sul calesse prende posto anche la sposa, che con l’Egetmann dà vita ad un singolare corteo nunziale. Anche la donna, come in tutte le rappresentazioni più antiche, può essere solo rappresentata da un uomo travestito. Alla sposa è severamente proibito bere vino, per dissetarsi le è consentito soltanto bere grappa, a fiumi!

Dietro al calesse camminano i consiglieri, gli uomini del potere, con ciascuno un oggetto simbolico: il registro del protocollo, la scala, l’ombrello e due candelieri (un bastone con una pannocchia di granoturco come candela). Questo gruppo di notabili vestiti di nero con cilindro precede il nunzio.

Il corteo, che si snoda per le vie di Termeno, si ferma ad ogni fontana. Qui viene appoggiata la scala su cui sale il consigliere con l’ombrello, vi sale in cima e lo apre. Il nunzio sale a metà, e legge dal protocollo l’offerta di matrimonio dell’Egetmann; gli altri due consiglieri rimangono ai lati della scala con i loro candelieri.

Ogni frase viene sottolineata da ovazioni dei presenti.

Tra i personaggi del corteo anche il selvaggio (“Wilder Mann”), un demonio la cui origine si perde nei tempi, dall’aspetto pauroso.

Il cacciatore accompagna il selvaggio nella sfilata ed alla fine gli spara uccidendolo, rappresentando simbolicamente la fine dell’inverno (il selvaggio) e l’avvento della primavera (il cacciatore).

Sempre al simbolismo pagano della primavera che vince e scaccia l’inverno appartiene anche un’altra figura, lo “Schnappvieh” o “Wudele”, una specie di coccodrillo senza orecchie, ricoperto di pelli e con corna e grandi mandibole sempre pronte a cercare prede. Il drago/dinosauro è alto più di due metri e viene spesso rappresentato da un intero gruppo.

Viene sempre seguito dal macellaio che ad ogni sosta alle fontane ne cattura uno e lo uccide, chiudendo così il ciclo dell’inverno cattivo scacciato dalla primavera buona.

E ancora “Burgl” e “Burgltreiber” sono due figure misteriose che non possono mancare nel corteo. Si tratta di un uomo e di una donna; il loro nome ha una origine latina che viene dal verbo “purgare”.

La donna ha i piedi fasciati con foglie di mais, porta una gerla sulla schiena da cui si intravede una bambola, cioè un bambino, è incatenata da rumorose catene con campanelli.

Nella sua corsa cerca di sfuggire la figura maschile che regge un bastone per percuoterla. Inutilmente cerca rifugio negli atrii delle case che incontra, dove richiama l’attenzione con rumore di catene e campanacci, l’uomo la raggiunge e la trascina via con gran profusione di rumore.

In questo caso la simbologia riconosce ancora il rito della primavera: la scacciata da ogni casa degli spiriti maligni dell’inverno; concetto che ritroviamo anche nelle figure delle lavandaie, che ad ogni fontana lavano i panni sporchi dell’inverno.

Le donne con gerla e bigoncia sono due tipici personaggi di cui non si conosce più l’antica origine e significato: l’una porta nel cesto sulle spalle il marito ed i figli, l’altra lascia intravedere due gambe maschili che indossano stivali.

Così come si è perso il senso simbolico del pescatore (forse risale all’origine del cristianesimo), del dottore sull’asino, del sarto che cuce insieme per la giacca le donne che incontra, il bottaio, i ricchi ed i poveri zingari, ecc.

La parte tradizionale della sfilata termina con il mulino delle vecchie (preso in prestito a Vipiteno e ormai incluso nella sfilata) che macina le vecchie e le restituisce giovani e belle, accompagnato dal carro delle vergini e da “Zenzi” che non vuole diventare giovane.

 

 

 

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