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Il “modello Emilia Romagna” affoga nel fango e nella palude ideologica

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Mentre ancora si spala per liberare dal fango case, cantine e siti produttivi, l’ennesima sciagura che ha colpito la Romagna, considerato anche il prossimo appuntamento elettorale in regione del 28 ottobre prossimo, agita il mondo politico, con accuse e rabbiose reazioni da parte delle sinistre, in quello che a mio dire è un evidente tentativo di liberarsi da una posizione assai scomoda.

Perché – personale punto di vista – il ripetersi della catastrofe pressochè nelle medesime zone non è casuale e nemmeno puo’ essere attribuita al presunto cambiamento climatico. Meno che meno all’attuale Governo o al Commissario Straordinario Gen. Figliuolo al quale spetta il compito di sovraintendere alla ricostruzione di quanto distrutto dall’alluvione dello scorso anno e procedere all’ erogazione degli indennizzi a popolazione ed imprese, le cui domande però sono raccolte e verificate dalla regione Emilia Romagna. La radice del problema è dunque un’ altro e l’ immagine in evidenza lo lascia chiaramente intendere.

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Quello che è mancato, credo sia un governo del territorio secondo buon senso e concretezza che non è mai mancata alla popolazione, ma, evidentemente parrebbe risultare sconosciuta alle amministrazioni ed alla burocrazia.

Chi scrive non è avvezzo al sentito dire e quindi è andato a spulciare nell’albo telematico della Regione Emilia Romagna per verificare quale sia stato l’approccio alla cura del territorio da parte dell’amministrazione regionale.

E’ stato rinvenuto il famoso “Piano pluriennale di prevenzione del dissesto idrogeologico Emilia Romagna 2021-2027”, quello che è citato da tutti i media, anche a sproposito, ma che viene tenuto ben nascosto, e si capisce perché.

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Per intenderci quello varato dalla Giunta Bonaccini con assessore con deleghe all’ambiente e allo sviluppo sostenibile l’ attuale segretaria PD Schlein, anche se la stessa pare nascondere aver ricoperto tale incarico.

Chi avesse tempo e voglia di leggerselo Clicchi qui,  lo troverà assai interessante, perché di dissesto idrogeologico se ne parla solo di striscio a pagina 213 e del regime delle piogge solo nelle pagine da 178 a 181, con peraltro un marchiano errore previsionale sull’ andamento pluviale dato in forte calo in estate e con un incremento del 20% in autunno.

Il resto, 683 pagine redatte in puro “gergo burocratichese” spazia dal digitale, al ciclo dei rifiuti, alla mobilità sostenibile ed al contenimento delle emissioni, al consumo di suolo, al risparmio delle risorse idriche.

Nessuna previsione operativa su opere idrauliche sui fiumi e torrenti, nessuna previsione di pulizia degli argini e dei letti dei fiumi dalla vegetazione. Nessun accenno alla costruzione di bacini di laminazione o sorveglianza delle infrastrutture quali ponti e strettoie del corso dei fiumi.

Il tutto mi ha personalmente ricordato i famigerati Piani Quinquennali di epoca sovietica, velleitari e portatori di disastri e lutti per la popolazione, ma che tanto piacevano all’ intellighenzia ed all’alta dirigenza.

Invece più che il cambiamento climatico (dogma ideologico intangibile) avrebbe dovuto attirare l’ attenzione degli amministratori il cambiamento antropico (fatto concreto), quello della popolazione che dalla cura della terra è passata all’urbanizzazione nei grossi centri.

Il che equivale a dire che prima la pulizia dei fiumi veniva fatta dalla popolazione, senza tanti piani pluriennali, che colà raccoglieva la legna portata a valle dalle piene e che faceva pascolare pecore e capre durante l’ estate nei greti dei fiumi che ricevevano automatica pulizia, mentre oggi la popolazione è costretta a guardare le piene dalla tv e se si azzarda ad arrangiarsi viene pure sanzionata.

Il lettore si chiederà perchè ho sentito lo stimolo ad analizzare la situazione di un’altra regione, diversa dalla nostra.

La risposta è presto data. Anche noi abbiamo una solida burocrazia provinciale ed una politica locale che spesso scivola nell’ ideologico, che però e per fortuna ha ancora il controllo del territorio e la concretezza che esso richiede.

Sta a noi però impedire con il voto che anche nella nostra Provincia vengano varati “piani pluriennali” come quello sopra riportato.

a cura di Stefano Sforzellini

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