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I contributi degli stranieri e le sciocchezze di Boeri: la svalutazione dell’economia italiana dall’analisi di Vox Italia

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In periodo di Festival dell’Economia a Trento è utile soffermarsi sulle ripetute affermazioni di Boeri riguardo agli 8 miliardi di contributi versati dai lavoratori stranieri e alle quali i media hanno dato ampio risalto.

E’ noto che l’IRPEF, tassa progressiva, si paga a scaglioni a seconda del reddito mentre i contributi previdenziali ammontano mediamente a circa un terzo del proprio imponibile. Questi contributi, divisi per il numero di lavoratori stranieri regolari che sono 2.400.000, danno la cifra di 3.333 euro annui di versamento pro capite.

Tale cifra, come detto, è circa un terzo dell’imponibile annuo di un lavoratore ed è, si badi bene, denunciata ma non necessariamente versata come con troppa fretta affermato.






Abbandonando l’ideologia e facendo una corretta analisi emerge chiaramente che milioni di lavoratori stranieri regolari, con esclusione dei clandestini la cui situazione è logicamente peggiore, hanno, con buona approssimazione, uno stipendio inferiore a 10.000 euro annui e non pagheranno quindi né la loro pensione né quella degli altri.

Per capire, va notato che i 10.000 euro annui sono frutto logico di una media che comprende anche gli stipendi del manager, del chirurgo o ingegnere svizzero o americano, della show girl argentina Belen Rodriguez, o dei noti e milionari calciatori della serie A.

Politici ed economisti responsabili dovrebbero riflettere amaramente su queste cifre che nascondono un modello di economia non virtuoso, dove i lavoratori stranieri sono frequentemente vittime di sfruttamento da parte di italiani o spesso di loro connazionali o, in alternativa, frodano lo stato sociale dichiarando redditi irrisori.

Nel “dare i numeri” sono poi inspiegabilmente taciute cifre altrettanto rilevanti come per es. i 6,2 miliardi solo nel 2018 di rimesse al paese d’origine che sono soldi sottratti all’economia nazionale pari allo 0,36% del PIL che evapora ogni anno.

Escludendo le prestazioni previdenziali ed assistenziali ricevute, comunque rilevanti, si tratta in totale di 66,4 miliardi di rimesse dal 2008 al 2018 per la Banca d’Italia.

Per esempio, secondo i dati della fondazione Moressa, ogni bengalese residente in Italia, lavoratore, disoccupato, anziano o bambino che sia, manda 460 euro al mese di rimesse in patria mentre solo da Prato usciva verso la Cina 1 miliardo l’anno coi money transfer, flusso che ha preso altre vie meno tracciabili dopo le note operazioni della Guardia di Finanza.

Chiediamoci allora quante normali famiglie di 4 persone possono permettersi un risparmio mensile di 1840 euro e che distorsioni ed illegalità nasconde un simile sistema.

Sempre rimanendo alle cifre, ma evitando superficialità, ci si dovrebbe chiedere per esempio anche quale è il numero medio di ore di lavoro settimanale dei dipendenti denunciato dalla piccola imprenditoria straniera che, dati delle Camere di Commercio, sta sostituendo poco alla volta quella locale o dalle innumerevoli italianissime cooperative di servizi che assumono personale per lo più straniero, non disdegnando però di applicare le stesse condizioni di lavoro indegne agli italiani (in rete vi è ampia letteratura in merito).

Ma soprattutto perchè non ci si sofferma su quali classi sociali e quali imprenditori guadagnano nel far lavorare milioni di lavoratori in queste condizioni in sostituzione di altri che vengono espulsi dal mercato del lavoro: la risposta non sarebbe certo difficile anche senza citare il famoso “esercito industriale di riserva” di memoria marxista.

Non si dimentichi che negli ultimi 10 anni il tasso di occupazione relativo al numero di lavoratori italiani è diminuito di 640.000 unità mentre gli occupati stranieri sono aumentati di 764.000, connotando l’immigrazione come prevalentemente sostitutiva e non complementare (cioè virtuosa). Il tutto a fronte di una disoccupazione giovanile del 30% e di 100.000 giovani italiani l’anno che cercano fortuna emigrando all’estero con perdita del 1% del PIL.

Orbene, non consentendo il sistema Euro la svalutazione della moneta e l’adeguamento del suo valore a quello dell’economia nazionale, dati alla mano, si è pensato di puntare sulla deflazione salariale e sulla distruzione dei diritti del lavoro mistificando l’operazione con tanto peloso buonismo, che come molte bugie si spera abbia le gambe corte.

Per fare questo si usano i lavoratori stranieri, spesso vittime del sistema neoliberista tanto quanto molti italiani, con l’aiuto di media compiacenti che negano l’evidenza e ingiustamente danno risalto alle analisi infondate di illustri economisti bocconiani.

Il contributo per La Voce di Bolzano è del Coordinamento Vox Italia Bolzano.

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