Benessere e Salute
«Ho preso il toro per le corna»: la storia di Nicoletta Minnei
Nicoletta Minnei, ex-Sovrintendente per la Scuola italiana dal 2009 al 2019, della sua lotta contro il virus dell’epatite C, che ha sconfitto definitivamente dopo due recidive.
Di Nicoletta Minnei, 61 anni, oggi “felicemente pensionata”, come lei stessa ironicamente si definisce, si potrebbe raccontare che è stata insegnante alla Scuola primaria, poi Dirigente scolastica e, infine, anche Sovrintendente provinciale per la scuola italiana.
Ma se c’è una definizione che non è entrata nel suo CV, è quella di “combattente”. Lei, abituata sin da adolescente a fare i conti con problemi di salute e numerosi ricoveri ospedalieri, ha condotto la sua personale lotta contro l’epatite C per quasi 17 anni, da fine 2002 al 2019, prima di uscirne vincitrice grazie all’aiuto del Reparto di Malattie infettive dell’Ospedale di Bolzano, che ne ha seguito la guarigione.
“Sono abituata a prendere il toro per le corna e non mi sono mai demoralizzata, nonostante i casi di recidività dopo le cure farmacologiche per l’HCV siano piuttosto rari”, racconta Nicoletta Minnei. L’ex-Sovrintendente narra la sua storia intessuta di momenti difficili ma anche di grande speranza, voglia di vivere e non mollare mai “perché la vita è una sola e va vissuta secondo per secondo”.
Epatite C scoperta per caso – “Nell’ottobre 2002, mentre mi stavo sottoponendo a una serie di esami per un’altra patologia, ho scoperto in modo del tutto casuale di aver contratto l’epatite C”, racconta la Minnei. “Sospetto che la causa dell’infezione possa dipendere dai molti emoderivati che mi hanno somministrato negli anni ’90; periodo in cui i controlli sul sangue non c’erano e la diffusione dell’epatite C in Italia era altissima. Io poi non ho mai bevuto, fumato o condotto una vita sregolata”.
Dal momento che è già abituata a fare i conti con problematiche di salute, Nicoletta Minnei prende abbastanza serenamente le recidive legate all’epatite C. Infatti, sin da quando aveva 14 anni ha subito delle ospedalizzazioni che si sono susseguite per alcuni anni. Inoltre, viene tranquillizzata rispetto al possibile decorso della malattia. Questo almeno fino al 2013…
Poi cosa accade? – Da ulteriori accertamenti emerge che il valore delle transaminasi è troppo alto. Questo è il primo contatto vero e proprio con la malattia, che si manifesta anche con dei dolori articolari: ci sono giorni in cui si sente come un’ottantenne. In quegli anni, poi, i farmaci per l’epatite C sono in mano ai colossi della farmaceutica e non esistono accordi con l’EMA (European Medicines Agency, ente europeo per il controllo dei farmaci, ndr). Quindi, le cure sono costosissime: tra i 40 e i 50mila euro. Si profila anche la possibilità di un trapianto di fegato, cosa che però si rivela un azzardo perché, per la sua casistica ed età, c’è l’elevato rischio di portarsi dietro la malattia anche dopo il trapianto. Pertanto, le uniche strade percorribili all’epoca sono quelle delle cure compassionevoli (terapie messe a disposizione dalle case farmaceutiche senza che sia stata completata la sperimentazione clinica, ndr), che la Minnei intraprende nel 2013 ma senza successo, o di un viaggio della speranza in India, dove questa tipologia di farmaci è già stata adottata.
Il trattamento all’Ospedale di Bolzano – Per fortuna, tra il 2015 e il 2016, l’EMA sancisce un accordo con una casa farmaceutica e la sua epatologa le conferma di poter iniziare la cura all’Ospedale di Bolzano. Nicoletta Minnei fa tre cicli di cure: una nel 2013, poi nel 2016 e, infine, quella risolutiva del 2019. Quest’ultima dura tre-quattro mesi.
Nei ricordi di Nicoletta Minnei rimane la buona impressione del Reparto di Malattie Infettive dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige: “Tutti sono stati molto professionali, empatici e solidali. Sono riuscita a stabilire un rapporto di fiducia con tante persone, in particolare con la Dott.ssa Elke Maria Erne, Primaria del Reparto di Malattie infettive all’Ospedale di Bolzano. Una professionista determinata, pratica e coerente. Lei aveva in mente tutte le tappe che avremmo dovuto affrontare e, di conseguenza, il percorso di cura è stato molto chiaro e ben delineato”.
Nicoletta Minnei ricorda con un sorriso il momento in cui le viene comunicato che è guarita: “Ecco, adesso non ci vediamo più, mi hanno detto. A parte gli scherzi, mi sono sentita molto sollevata. Soprattutto perché le prime due cure non avevano funzionato. Della seconda in particolare ricordo che solo in tre persone su oltre sessanta non aveva sortito effetto: io ero in quel trio”.
Per le persone che scoprono di essere state infettate dall’epatite C, il consiglio di Nicoletta Minnei è di guardare sempre avanti e ricordare che si può guarire. Ora che è tornata a una vita normale, ha ricominciato ad apprezzare molte cose. “Non voglio fare retorica ma è vero che la vita va vissuta e affrontata con entusiasmo perché essenzialmente è un dono: basta credere che c’è sempre una seconda opportunità e bisogna sapersela giocare. Inoltre, è necessario tenere a sé stessi e alle persone che ci circondano.
Io ho lottato molto per me stessa. Nella circostanza della malattia, ho sempre pensato che i nostri cari stiano peggio di noi e che bisogna essere bravi a dare loro coraggio e non viceversa. Un giorno importante nella vita di una persona è quello in cui acquisisce la consapevolezza che la forza la si deve trovare per sé innanzitutto. Perché se ce l’hai per te, ce l’hai anche per gli altri”.
Che cos’è l’epatite C? – L’epatite C è una malattia degenerativa del fegato causata dal virus HCV. La peculiarità dell’infezione è il fatto di presentarsi in maniera quasi del tutto asintomatica o con sintomatologie vaghe e non specifiche. Da metà febbraio e fino alla fine dell’anno, in Alto Adige è in corso uno screening gratuito dedicato all’epatite C per tutte le persone nate tra il 1969 e il 1989. Circa 150.000 persone hanno ricevuto la lettera d’invito da parte dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.asdaa.it/hcv.
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