Politica
Governo Draghi? Da Italexit un secco no. Ecco perché

“Direttamente paracadutato da quei ‘poteri sovranazionali spesso non legittimati democraticamente che sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto’ (come dichiarò l’ex ministro Orlando il 3 settembre 2016), Mario Draghi è stato incaricato di formare un Governo ancora più asservito dei precedenti agli ukase di Bruxelles per imporre all’Italia quelle “riforme” tanto care alla Troika.
Mario Draghi, il liquidatore dell’industria pubblica italiana definito ‘vile affarista’ dal Presidente Cossiga. Mario Draghi, che nel suo discorso del 2 giugno, 1992 tenuto sul panfilo Britannia, davanti a tutto l’olimpo della finanza angloamericana convenuto in Italia per accaparrarsi le aziende pubbliche e le banche italiane, annunciò il ruolo da “cenerentola” che avrebbe dovuto interpretare la politica, e quindi la democrazia, nei confronti dei “mercati”, annunciando la svendita delle nostre eccellenze pubbliche ai potentati stranieri colà convenuti.
Draghi, neogovernatore della Bce, che, assieme al governatore della Bce uscente Tichet, inviò, il 5 agosto del 2011, una lettera al governo italiano con la quale si imponeva all’esecutivo Berlusconi di intraprendere più dure politiche di austerità sotto il ricatto dello spread, cioè con la minaccia che la stessa Bce non avrebbe acquistato sul mercato secondario i titoli di stato italiani. Sappiamo come è andata a finire, con Mario Monti al governo.
Draghi presidente del Consiglio dei ministri rappresenterebbe il capolavoro di Matteo Renzi, che, dopo la riunione del Bilderberg del 2019, alla quale lo stesso Renzi venne invitato per la prima volta, iniziò a lavorare per questo, uscendo dal Pd e formando suoi gruppi parlamentari che avrebbero dovuto fare da ago della bilancia alla bisogna.
Draghi sarebbe incaricato non solo di gestire i denari del Recovery fund, ma soprattutto di infliggere agli italiani quelle “riforme” (leggere buggerature) che mamma Europa ci chiede per concederci tali denari.
Facciamo solo 4 esempi di tali riforme/fregature:
– riforma pensionistica con un drastico ritorno alla legge Fornero;
– riforma del lavoro, che significa ulteriore flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro stesso;
– riforma della giustizia civile, che significa favorire le banche nella gestione dei crediti deteriorati, con la resa più veloce per gli istituti di credito dell’escussione delle garanzie (case fabbriche, terreni, patrimoni, ecc.);
– ulteriore incremento dell’avanzo primario (l’Italia è da trent’anni in avanzo primario), che vuol dire più tasse che spesa pubblica, cioè tagli, tagli e ancora tagli.
Ora ci chiediamo, perché invece di legarci intorno al collo il nodo scorsoio del Recovery fund non finanziamo il nostro debito con l’emissione di titoli di stato che ultimamente hanno interessi negativi? Per l’acquisto dei quali, in questa situazione di emergenza sanitaria, la Bce ha introdotto il Pepp (pandemic emergency purchase programme) che ad oggi ammonta a ben 1850 miliardi di euro.
Italexit, grida forte e chiaro il suo no ad un eventuale governo presieduto da Mario Draghi e auspica che siano immediatamente sciolte le Camere e indette nuove elezioni, dando finalmente la parola al popolo sovrano“.
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