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Italia & Estero

Germania, Olanda, Norvegia, Svezia e Danimarca chiudono all’immigrazione clandestina

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A seguito dell’attentato di Solingen, dove tre persone sono state uccise da un 26enne siriano la cui richiesta di asilo era stata respinta, la Germania ha deciso di chiudere le frontiere per evitare l’entrata di immigrati clandestini sul suo territorio.

Questa misura segna un ulteriore passo verso un inasprimento delle politiche migratorie da parte di Berlino, volto a rafforzare la sicurezza e prevenire episodi simili. Parallelamente, anche altri Paesi europei stanno adottando un approccio più rigido sulla gestione dell’immigrazione.

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L’Olanda, in particolare, si prepara a richiedere formalmente a Bruxelles un opt-out dalle politiche comuni di asilo dell’Unione Europea. Marjolein Faber, ministra per l’Asilo e membro dell’ultradestra guidata da Geert Wilders, ha paventato l’ipotesi di dichiarare una crisi nazionale sull’immigrazione.

Questo potrebbe portare alla sospensione temporanea dell’esame delle domande di asilo, segnando una svolta nelle politiche migratorie olandesi. Anche il premier Dick Schoof annuncerà a breve i dettagli della nuova agenda di governo, già orientata a una linea più rigida in materia di accoglienza.

In Svezia, il governo conservatore ha confermato l’intenzione di ridurre significativamente il numero di migranti nel Paese, introducendo un incentivo economico per coloro che decideranno di rimpatriare volontariamente entro il 2026.

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I migranti potranno ricevere fino a 350.000 corone (circa 30.700 euro) se sceglieranno di tornare nei loro Paesi d’origine. Secondo il ministro per le Migrazioni, Johan Forssell, questa iniziativa rappresenta un “cambiamento di paradigma” nella politica migratoria svedese, volta a ridurre la pressione in un Paese che per anni ha avuto una delle politiche di accoglienza più generose al mondo.

In Svezia la sovvenzione esiste comunque dal 1984, ma è relativamente sconosciuta e poche persone vi ricorrono.

Anche la Norvegia, seppur per il momento in misura minore rispetto alla Danimarca e alla Svezia, ha introdotto misure molto restrittive per arginare il fenomeno dell’immigrazione economica e dei rifugiati. I centri di accoglienza ora sono 27, nel 2016 erano 150. Uno dei requisivi necessari solo per fare la domanda è di aver un tetto dove dormire. 

Sotto la direzione del Pp la Norvegia ha drasticamente ridotto il numero di permessi di asilo politico, che da 31.145 del 2015 sono crollati a 3.546 nel 2017. Il parlamento stabilisce ogni anno il numero massimo di rifugiati che possono essere accolti nel Paese sulla base dei posti di lavoro, finanze, alloggi disponibili, mentre il Ministero della Giustizia e Pubblica Sicurezza decide da quali Paesi e che tipo di rifugiati accogliere escludendo a priori persone con fedine penali sporche, comportamenti, attitudini indesiderate o con problemi di tossicodipendenza.

La Danimarca già nel 2022  ha deciso di applicare uno schema ben preciso nell’affrontare la questione dei migranti: spostare altrove il “problema” e disincentivare gli arrivi. Inanellando una serie di provvedimenti restrittivi, perfino punitivi.

La prima mossa del governo danese, socialdemocratico sulla carta, con il sostegno dei liberali di Venstre, ma ossessionato a tal punto dal tema immigrazione (come la stragrande maggioranza dei danesi) ha indicato come obiettivo prioritario la soglia dei “zero arrivi”.

Coloro che chiederanno asilo politico a Copenaghen saranno immediatamente trasferiti in un altro paese “partner”, al di fuori dell’Unione Europea, per tutto il periodo che gli uffici preposti impiegheranno per valutare se davvero quelle richieste siano fondate o meno. Una sorta di deportazione. Se la pratica avrà esito positivo, il richiedente potrà restare nello stato “di appoggio”, altrimenti scatterà l’espulsione verso il paese d’origine. Il messaggio è comunque chiarissimo: sul suolo danese non metteranno mai piede.

Nonostante una riduzione complessiva degli attraversamenti irregolari delle frontiere dell’UE, alcune rotte migratorie stanno registrando aumenti preoccupanti.

Secondo i dati preliminari di Frontex, nei primi otto mesi del 2024 si è verificato un calo del 39% degli attraversamenti irregolari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Le rotte del Mediterraneo centrale e dei Balcani occidentali hanno registrato le diminuzioni più significative, rispettivamente del 64% e del 77%. Tuttavia, le rotte dell’Europa orientale e dell’Africa occidentale hanno visto un incremento notevole del 193% e del 123%, con i principali migranti provenienti da Siria, Mali e Afghanistan.

In questo contesto, mentre alcuni Paesi europei continuano a cercare soluzioni condivise per gestire i flussi migratori, altri, come l’Olanda e la Svezia, stanno adottando misure nazionali sempre più restrittive, rispondendo alle pressioni politiche interne. In Italia gli sbarchi sono calati del 60% nel 2024, ma pare che i problemi siano legati a chi in Italia soggiorna.

Questi sviluppi potrebbero però aggravare le tensioni tra i membri dell’Unione Europea, che continuano a faticare nella ricerca di una strategia comune per affrontare una delle sfide più divisive del continente.

 

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