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Economia e Finanza

Fondo Obelisco di Poste per i risparmiatori, CTCU: “Un obelisco? No, un castello di sabbia”

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Difficile fare peggio, investendo il denaro affidato dai risparmiatori: l’ennesima brutta storia di un investimento finanziario andato in fumo in Italia.

Il Fondo Obelisco di Investire SGR, collocato da Poste Italiane tra il 15 settembre ed il 22 dicembre del 2005, aveva raccolto 172 milioni di euro in quote da 2.500 euro cadauna presso i 14 mila sportelli delle stesse Poste.

Il collocamento aveva garantito a Poste commissioni per 10 milioni di euro. A fine giugno scorso la società gestrice del fondo ha approvato il piano di liquidazione, dal quale si può laconicamente leggere, fra le altre cose,: “…in considerazione di un patrimonio netto di liquidazione del Fondo pari a zero, non residua alcuna distribuzione né di proventi né di capitale”.






In pratica agli investitori non verrà liquidato nemmeno un euro. La perdita è praticamente del 100% (fra capitale e mancati guadagni promessi) ovvero intorno al 90% se vogliamo considerare i rimborsi anticipati di capitale e i miseri proventi distribuiti nel corso della durata del fondo, pari a ca. 300 euro per quota. In ogni caso, un salasso per migliaia di risparmiatori.

Anche alcuni consumatori altoatesini si erano già rivolti, nel corso degli ultimi anni, al Centro Tutela Consumatori Utenti (CTCU) preoccupati dalla vicenda, quando i dati di andamento del fondo non lasciavamo presagire nulla di buono. Il fondo doveva scadere a fine 2015, ma la società di gestione si era presa altri 3 anni (cd. periodo di grazia, cosa consentita dal regolamento del fondo) per provare a raddrizzare le sorti del prodotto di investimento.

A fine 2018 il fondo era stato quindi posto in liquidazione, ed ecco, a fine giugno la definitiva, amara sorpresa: dei 2.500 euro di ciascuna quota, il fondo non restituirà ai sottoscrittori nemmeno un euro.

L’unica speranza è ora l’intervento di Poste Italiane che, come già fatto per altri due fondi immobiliari liquidati in perdita (IRS ed Europa Immobiliare 1), si spera provvederà a ristorare coloro che avevano sottoscritto, sulla fiducia, le quote del fondo Obelisco presso i propri sportelli.

Uno strumento finanziario che, nel 2005, era stato venduto dai collaboratori di Poste con la prospettiva di riconoscere ai sottoscrittori un rendimento obiettivo del 5,5% annuo, come indicato nel prospetto di offerta del fondo.

Ma come è possibile che un fondo immobiliare abbia potuto ottenere un risultato così disastroso?

Difficile francamente non pensare all’ennesima, vergognosa truffa orchestrata ai danni di ignari risparmiatori, ai quali era stato confezionato un bel pacco sin dal suo nascere, quando qualcuno aveva ben pensato di infilare nel contenitore Obelisco immobili iper o sopravvalutati e asset di bassissimo livello.

Emblematico il caso riportato in una articolo de Il Sole24Ore dello scorso ottobre, in cui si menziona la vicenda di uno dei cespiti trattati dal fondo nel corso della sua durata, “un cespite sito a Roma, in Via Mazzola, 66, acquistato per 45,3 milioni e venduto a marzo 2017 per appena 7,3 milioni di euro. Al momento della cessione il cespite era locato per appena il 34% del totale degli spazi…”.

Anche il quotidiano La Repubblica (articolo del 25.07.2019) ha ben ricostruito i retroscena delle vicende del fondo e più in generale di quella dei fondi immobiliari, collocati in Italia tra il 2002 ed il 2005, definendola “un’innovazione dell’epoca con cui il sistema bancario italiano provò a rianimare l’industria del mattone. Quelli emessi – si legge nell’articolo –, almeno 24 per 5 miliardi di euro, furono più che altro un modo per ridare liquidità ai grandi costruttori, che erano i maggiori debitori delle banche stesse. Una grande traslazione di rischio, da un cliente all’altro del banco finanziario. E ad Obelisco, come a simili veicoli, furono rifilati cespiti non certo di pregio… ”.

Capito dunque? Ci si chiede quindi se la vicenda di Obelisco non meriterebbe l’indagine seria di qualche Procura, per verificare intrallazzi vari e indagare intorno a chi ha ideato questa bella formula di investimento “mangiasoldi”. E anche su chi non ha provveduto a vigilare.

Walther Andreaus, direttore del CTCU: “I consumatori sono stufi di pagare di tasca propria, direttamente ed indirettamente, per gli abusi di chi dovrebbe amministrare e gestire il denaro loro affidato, a seguito di un rapporto fiduciario. La storia di Obelisco è l’ennesima, squallida farsa legata al mondo degli investimenti finanziari, che ha coinvolto migliaia di piccoli risparmiatori.

È inutile sentir parlare di regole di trasparenza e tutele varie, se poi chi dovrebbe vigilare non vigila e chi dovrebbe sanzionare non sanziona. I consumatori ne hanno le tasche piene di essere le vittime sacrificali di sistemi di annientamento del denaro e della ricchezza faticosamente risparmiata!

Cosa possono fare i sottoscrittori del fondo Obelisco?

In attesa che Poste Italiane, quale collocatrice del fondo Obelisco, decida la più opportuna forma di ristoro bonario ai sottoscrittori gabbati, il CTCU consiglia, qualora non già fatto, l’invio di una lettera di contestazione formale, con richiesta di ristoro dei danni patiti, ora che il danno è chiaro e definito.

Il reclamo è condizione essenziale per poter poi, eventualmente procedere con un ricorso davanti all’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), che già in alcuni casi si è pronunciato a favore di risparmiatori che avevano acquistato fondi immobiliari (vedi ad es. decisione n. 1517 del 5 aprile 2019 oppure decisione n. 654 del 18.07.2018).

Presso il Tribunale di Roma sono in corso anche già alcune cause civili avviate da sottoscrittori del fondo Obelisco contro Poste Italiane, i quali ritengono che il collocamento abbia violato le prescrizioni del Tuf e della Consob, sia per quanto riguarda il rischio che, in alcuni casi, la dimensione dell’investimento (rispetto al patrimonio del singolo cliente).

In ogni caso, l’avvio di un’azione civile va valutato molto bene, soprattutto in relazione al rapporto costi-entità dell’investimento e anche alla durata media di un contenzioso giudiziario.

Per maggiori informazioni ci si può rivolgere presso la sede del Centro Tutela Consumatori Utenti (tel. 0471-975597).

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