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Fase 2, Boccia richiama all’ordine: il ministro ripropone la linea del governo

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La prudenza ha sempre caratterizzato a livello nazionale la gestione di questa emergenza. L’Italia non è mai tornata indietro, come è successo a molti altri Paesi europei. Ha sempre fatto passi rigorosi non più lunghi della gamba. Vogliamo riaprire, ma riprire in sicurezza“.

Con queste parole il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, oggi a Bolzano per l’incontro esplicativo con il governatore Kompatscher, ha elegantemente ‘cassato’ nella sua forma attuale il ddl altoatesino sulla gestione autonomia della fase 2, appellandosi alla necessità di uno studio più approfondito sui dati che permetteranno di procedere a una differenziazione territoriale sulle riaperture a livello locale degli esercizi commerciali e delle strutture ricettive (per il resto, varranno le disposizioni dei dpcm emanati dall’esecutivo).

Si tratta di giorni e non di settimane“, ha sottolineato Boccia, facendo intendere come anche l’Alto Adige, provincia autonoma, sia chiamato insieme a tutte le altre regioni ad attendere la data concordata del 18 maggio per la valutazione delle specificità di ogni territorio, per una applicazione idonea delle misure che daranno ufficialmente il via alla fase 2.






Per ogni iniziativa prematura e in contrasto con il decreto governativo, lo aveva ricordato lo stesso ministro nel corso della videoconferenza con le regioni dello scorso 30 aprile, potrà infatti scattare una diffida con la richiesta della rimozione delle parti discordanti.

Del resto Boccia non ha mai affermato di vietare alle singole realtà territoriali di perseguire una propria politica sulla gestione della fase 2, ma di attendere tutti insieme proprio la data del 18, come momento per ripartire in modo differenziato.

Un principio ribadito anche dal presidente del Consiglio Conte lo stesso giorno, durante le dirette alla Camera e al Senato: “Verrà operata una differenziazione geografica anche in fase di allentamento delle misure con la riapertura delle attività – aveva detto – ma con un piano basato su precisi presupposti scientifici e non rimesso a inizative improvvide di singoli enti locali“.

E ancora: “Ricordo che allo stato delle previsioni vigenti, iniziative di regioni (o di province autonome ndr) che comportino l’introduzione di misure meno restrittive di quelle disposte su base nazionale non sono possibili perché in contrasto con le norme del decreto legge 19 del 2020“ (Conte dice no, Kompatscher dice sì: approvato il ddl per la fase 2 in Alto Adige).

Lo stop del ministro per i rapporti con le regioni agli indipendentismi territoriali almeno fino a dopo la metà di maggio non era dunque piaciuto al presidente della provincia di Bolzano, il quale aveva deciso di intraprendere la strada del ddl che a livello locale doveva portare a riaperture anticipate rispetto al resto del paese: 11 maggio per parrucchieri, estetisti, servizi alla persona ed attività culturali, bar e ristoranti, il 25 maggio per le strutture ricettive.

Il 2 maggio però, subodorando aria di scontro istituzionale reale, il presidente della Provincia ha emanato a scopo preventivo un’ordinanza di transizione ‘fino alla legge provinciale sulla fase 2’. Il che è equivalso a far ammettere al governo locale di non essere più sicuri di un avvallo del governo nazionale rispetto a una svolta autonomista sulla gestione delle riaperture.

Un atto ordinario che aveva molto il sapore dell’allerta in vista di una possibile retromarcia, nonostante già dalla sera del 27 aprile il braccio di ferro con Roma sembrava innescato, con tanto di grandi proclami dal sapore pre elettorale da parte dei vertici della Svp .

Proclami capaci di sollevare tuttavia non altro effetto che quello di ravvivare pericolosi focolai di indipendentismo locale con iniziative organizzate (Volkspartei shock si ribella a Roma: “Stop alla cooperazione con il governo” “Los von Rom”: spunta la scritta fiammeggiante a Villabassa. Sul posto i carabinieri)

Un’iniziativa sostenuta anche dalle frange più radicali e strumentalizzata come occasione di ‘rottura’ degli obblighi verso lo Stato e per chiedere una emancipazione integrale dell’Alto Adige”, ha sottolineato ieri il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida.

Anche la Lega, partner di governo e pur favorevole alla gestione autonoma della fase 2 sulle riaperture, ha condannato con forza gli episodi avvenuti nella notte tra l’1 e il 2 maggio (Los Von Rom’, la Lega: “Provocazione delirante in un momento delicato per la comunità”).

Ma il problema ora rimane un altro: quello della giustificazione di una eventuale marcia indietro sulla promessa di ‘gran ribellione’ contro il centralismo romano. Una magra figura alla quale la Volkspartei dovrebbe rimediare davanti al proprio elettorato, peraltro già ridotto all’osso. Probabilmente andando avanti con il ddl senza ricalibrare le attese in barba al veto romano.

Nel frattempo Boccia non lo ha detto, ma lo ha fatto intendere. L’Alto Adige dovrà attendere.



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