Benessere e Salute
Disturbo Psicosomatico: il dolore che non riconosciamo
A chiunque è capitato di non sentirsi bene in situazioni spiacevoli. Mal di testa, mal di pancia, irrequietezza, a volte le persone posso persino svenire. Ma perché ci sentiamo così e come mai il nostro corpo alle volte ci trasmette del dolore che noi non riconosciamo come contingente alla situazione o il contesto?.
Possiamo partire con il riconoscere che oggigiorno i nostri bisogni primari sono pienamente soddisfatti e che il nostro organismo non ha avuto tempo di evolvere velocemente come la società moderna. Le nostre risposte comportamentali automatiche non sono più adeguate al tempo in cui viviamo, le risposte primitive di attacco e di fuga ad esempio si manifestano in situazioni avverse.
Oggi una situazione avversa potrebbe essere parlare in pubblico o esporsi al giudizio di un esame.
Oggi le avversità provengono maggiormente da contesti sociali controllati e comportamenti come alzarsi e andarsene oppure aggredire verbalmente qualcuno non sarebbero accettati e verrebbero condannati. É a questo punto che subentrano le nostre facoltà cognitive superiori che intervengono e modulano la risposta e il risultato sarà una risposta adeguata e spesso più prolungata nel tempo.
La risposta però è molteplice e le cortecce cerebrali intervengono primariamente sul sistema motorio volontario, mentre il sistema autonomo che regola le funzioni involontarie è meno influenzato. Questo ci porta ad avere delle discorrelazioni delle risposte, volontarie e involontarie, come le più comuni emicranie, gli spasmi intestinali o l’ipersudorazione di alcune parti del corpo.
Risposte come queste ci mettono ancor più a disagio e creano un bel circolo vizioso, se ci mettiamo anche la componente di attentional augmentation, abbiamo creato le basi per lo sviluppo di una problematica psicosomatica.
Elvis aveva circa 20 anni e stava frequentando l’università, era un tipo energetico e aveva sempre fatto sport; dopo un’adolescenza scalmanata aveva deciso di mettere la testa a posto e fare la cosa giusta.
In passato aveva avuto forti dolori addominali in situazioni che non gli erano parse congruenti con il malessere, ma non aveva mai approfondito se non da una gastroenterologa che aveva escluso fattori organici.
La cosa non ebbe seguito e adesso stava studiando lontano da casa, aveva trovato degli amici e aveva la carica della matricola universitaria.
Dopo la prima visita andrologica fatta nella sua città natale, gli venne diagnosticato un varicocele da operare. In quel periodo aveva avuto varie esperienze sentimentali, ma non aveva ancora trovato un’anima affine alla sua. Era una persona energetica e sensibile che viveva le emozioni di lontananza dalla famiglia, di fraternità con i suoi nuovi amici, le passioni amorose con molto coinvolgimento.
Per lui si divideva in due: o molto interessante o lo ignorava completamente. Arrivato il giorno dell’operazione, aveva preso la cosa con molta tranquillità e forse un po’ di distacco, pur trattandosi dei suoi “gioielli di famiglia”.
Aveva già subito altri interventi chirurgici per i vari incidenti che si era procurato giocando a calcio e andando in moto. I giorni dopo l’intervento notò subito che andando in bagno aveva difficoltà a urinare, ma attribuì la cosa alla degenza.
Passarono le settimane e guarite le ferite era rimasta una strana pesantezza al basso ventre e nell’area pelvica che inducevano Elvis ad urinare per trarre sollievo da quel fastidio. Cominciarono le infinite visite dai più illustri urologi ed andrologi, eseguiti esami clinici e strumentali di ogni genere.
Cominciò una vita difficile, Elvis si vergognava di dover andare in bagno ritpetutamente durante una cena o a casa di amici, durante le feste e nei fine settimana fuoriporta. Dopo tanto averci provato tirò i remi in barca e cominciò ad evitare ogni situazione che lo avesse potuto mettere a disagio. Passava le notti ad informarsi e a cercare un modo per risolvere il suo problema.
Ci furono molti buchi nell’acqua, ma una notte trovo il sito internet di un dottore esperto in neurologia e urologia e lo contattò. Il giorno della visita a Bologna, quel medico fu il primo ad ascoltare veramente la storia di Elvis e capì la natura del problema.
Quei dolori, individuati precedentemente come una stenosi funzionale della vescica, una condizione cronica di natura appunto funzionale, erano provocati da una contrattura del pavimento pelvico.
Una contrattura autosostenuta dal dolore reale, che Elvis sentiva e per questo contraeva l’insieme della muscolatura interna del basso addome in modo inconsapevole. Fu difficile accettare che tutto quel calvario lo stava mantenendo lui da anni, certo l’operazione innescò il processo, ma fu lui a somatizzare quel dolore, ossia a creare quel circolo vizioso. Era inconsapevole? E se non si fosse operato?
Queste paranoie Elvis le aveva superate da diversi anni, adesso è stato compreso ed aiutato su più fronti, ha imparato a riconoscere e gestire le situazioni problematiche ed ha appreso specifici esercizi di rilassamento. Adesso con impegno costante e l’aiuto di uno Psicologo che lo segue nei momenti di bisogno, Elvis è cresciuto e convive con l’evoluzione della sua esperienza personale, senza dolore cronico e frequentando chi vuole e dove vuole senza remore sul giudizio degli altri.
Questa storia tratta dal collage di più indagini cliniche vuole rappresentare come alcuni dei disturbi più comuni hanno spesso un’origine complessa che comprende sia psiche che corpo.
Ognuno di noi porta con sè una certa vulnerabilità fisica o psicologica che sucessivamente ad un trauma può manifestarsi in disturbi complessi difficilmente trattabili su di un solo fronte, ma che abbisognano di un approccio sistemico, che osservi l’intera persona fatta di mente e corpo, consapevolezza e inconsapevolezza, espressioni di forza e vulnerabilità, l’insieme che il neurologo, psicologo e neuroscienziato e saggista portoghese Antonio Damasio insegna nel suo libro” il Sè viene alla mente”, l’ambivalenza che descrive il filosofo, sociologo, psicoanalista e accademico italiano Umberto Galimberti nel suo libro “Il Corpo”.
La capacità su noi stessi eccede le abilità motorie o intellettive, può evolversi attraverso le esperienze che solo noi facciamo e che solo noi possiamo conoscere meglio, ma anche travisare. Così è sempre giusto l’ascolto di noi stessi e poi degli altri per strutturare, dare una forma a quello che viviamo.
Non bisogna dimenticare di ascoltare anche il proprio corpo, noi infatti non siamo esseri fatti di pensieri sulle cose del mondo, ma abbiamo un corpo che stiamo dimenticando sempre di più nell’interazione con l’ambiente, che reagisce a una brutta notizia o a una grossa frustrazione, che viene affetto anch’egli dalle cose del mondo, per questo si dice relazioni affettive e affettività. Le emozioni hanno un senso solo perchè noi le sentiamo con il corpo, la parte più buona di noi, che come ci ricordano i greci è il tempio della nostra anima.
Il contributo per La Voce di Bolzano è del Dr. Gabriele Munarini. Psicologo, laureato in Neuroscienze e riabilitazione neuropsicologica, si occupa di Psicofisiologia clinica, questa branca della Psicologia studia e aiuta la risoluzione di Disturbi psicosomatici e Disturbi del sonno.
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