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Aletheia Spiritualità e Benessere

Buddha: la storia dei due cani e il modo di vedere il mondo

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Una delle situazioni piu comuni a tutti noi è la condizione dell’umore che ogni giorno è mutevole. Le giornate non sono tutte uguali, ci sono momenti più o meno stressanti, e la nostra reazione spesso è quella di modulare il nostro stato d’animo in funzione di quello che ci capita.

Capita che abbiamo un’impostazione negativa, e tendiamo a vedere con gli occhi della negatività tutto quello con cui interagiamo.

Oppure se ci svegliamo di buon umore, il fattore sorriso contagia anche le situazioni che ci troviamo a vivere in quella giornata. Ognuno tende ad esprimere emotivamente, anche senza rendersene pienamente conto, il proprio modo di essere, e il modo di porsi, influenza l’ambiente di riferimento in cui siamo immersi. Tanto da determinare il tipo di reazioni degli altri nei nostri confronti.

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I pensieri influenzano l’umore, il modo di essere e fanno vedere il mondo che ci circonda in maniera soggettiva, spesso poco obiettiva.

Una storia molto illuminante, che la leggenda sembra attribuire alla sapienza orientale di Buddha, può aiutarci a comprendere come la percezione del mondo che ci circonda sia un riflesso del nostro modo di vedere e sentire la vita. Ciò che siamo è un riflesso, una proiezione, di quello che abbiamo pensato o che pensiamo in quel momento.

Una donna vide due cani,che in momenti diversi entravano nella medesima stanza e, dopo poco tempo ne uscivano.

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Il primo che era entrato, ne uscì scodinzolando con l’aria felice. Il secondo tuttaltro, ne era uscito ringhiando e abbaiando. Per questo, la donna si era incuriosita, e decise di entrare nella stanza per vedere cosa ci fosse, e scoprire la ragione delle due diverse reazioni dei due cani. Giunta all’interno della stanza, la donna vide che vi erano una miriade di specchi, distribuiti per tutta la stanza.

Capì così che il cane che era entrato con l’umore felice, aveva potuto trovare, specchiandosi, tanti altri cani felici come lui che lo guardavano, ed era uscito soddisfatto. Il cane arrabbiato aveva potuto incrociare solo cani arrabbiati che lo impaurivano e abbaiavano come lui.

Percepiamo il mondo che noi vediamo come un riflesso di ciò che noi siamo. E quello che siamo, deriva da quello che pensiamo sul mondo. Noi pensiamo e il nostro pensiero determina il nostro modo di essere, che lo vogliamo o meno.

Nel riflesso degli altri noi vediamo noi stessi, e la capacità di leggere questo, ci può essere utile per capire il nostro mondo interiore e attivare quindi un meccanismo di crescita nella consapevolezza del nostro essere.

Se guardiamo gli altri e focalizziamo solo gli aspetti negativi, abbiamo modo di credere che siamo guidati da paure più o meno inconscie, che indirizzano il nostro mindsetverso questo, la paura di noi stessi e degli altri. E’ questo un segnale di pregiudizio e fragilità emotiva.

Allo stesso modo se nel contatto con gli altri vediamo l’aspetto positivo, connaturato ad una forma di entusiasmo e ottimismo, abbiamo calibrato i nostri pensieri verso lo stimolo attivo di considerare la vita per quello che di bello può darci, e quindi possiamo sentirci pronti a vederlo innanzitutto, e quindi ad accoglierlo. Nello specchiarsi si attiva un bisogno inconscio di vedere nell’immagine dell’altro il nostro modo di essere. Questo ci permette di vivere pienamente le nostre giornate.

I cani arrabbiatiche abbaiano nella stanza degli specchi, sono solo il riflesso di ciò che noi siamo in quell’istante di percezione attiva.  E siamo condizionati da questo nostro atteggiamento.

Difronte alla vita, se partiamo già rassegnati, come nel semplice esempio “che barba andare al lavoro stamattina”, facciamo diventare dello stesso tono negativo anche il lavoro, condizionandoci da noi stessi, ancor prima che le cose succedano.

Quasi una piccola profezia che si autoavveraapplicata alle scelte quotidiane. Noi vediamo ciò che crediamo di vedere. L’immagine interna si riflette sull’immagine esterna che abbiamo difronte e questa percezione determina gli eventi.

Se il nostro pensiero si approccia in modo più libero, senza una lettura negativa, le cose hanno una consapevolezza diversa, e ci danno modo di affrontarle per quello che sono, ovvero quello che noi decidiamo che siano.

Se nell’esempio precedente del lavoro, ne carichiamo un significato positivo, “dai che con il lavoro posso guadagnare dei soldi e soddisfare qualche mio desiderio”, allora tutto diventa più motivante e questo ci permette di vivere con più serenità.

L’alibi di cercare qualche colpa negli altri che ci stanno davanti, è un meccanismo di proiezione molto scontato. Ci evita di confrontarci con noi stessi in modo diretto e le nostre paure. L’altro è solo un modo per vedere come siamo noi. E dalla possibilità di capire la sua reazione, possiamo capire come siamo noi. Ognuno ha l’autorevolezza necessaria per essere dominusdelle proprie capacità, fisiche, intellettive, emotive.

Una volta capito questo fatto, e sgombrato l’orizzonte da semplici meccanismi percettivi per cui dobbiamo trovare qualcosa fuori di noi a cui scaricare le nostre insoddisfazioni e le nostre fragilità, possiamo dare il via a tutto il nostro potenziale. Il pensiero e la volontà di creare non ha cosi più grandi limiti, se non ci auto sabotiamo da noi stessi.

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