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L’impertinente

Alto Adige, ultima frontiera: bensvegliati nella terra della dittatura di minoranza

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Alto Adige. Ultima frontiera.

Inizio sempre così quando scrivo con lo pseudonimo di Bellerofonte, vuoi perché è un mio personalissimo omaggio a Star Trek, vuoi perché l’Alto Adige in un certo senso è davvero l’ultima frontiera, come quella del vecchio west. 

La frontiera, quel luogo sospeso tra paradossi e realtà, dove si incrociano e convivono le più svariate culture, dove tutto è sacro ed allo stesso tempo profano, ambiguo ed indefinito, dove le regole trovano un’altra interpretazione. 

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Strano a dirsi ma questo è proprio l’Alto Adige, la frontiera che il resto dello Stivale immagina come la terra dove scorre latte e miele, dove lo sfondo dolomitico incornicia favole da mille e una notte.

E poi ti svegli, apri gli occhi e proprio in quell’istante comprendi che questa terra è solamente la fotocopia sbiadita di quel che ti sei sempre immaginato. Sono sempre stato pervaso dalla curiosità di comprendere meglio l’autonomia di cui gode questa terra, capire che cosa vuol dire essere “autonomi”, di quali diritti vive un autonomo e da dove scaturisce tanta ricchezza perché, e credetemi sulla parola, lì gira tanto denaro. 

L’immaginavo come una Lussemburgo senza Junker, come un Liechtenstein senza principi né monarchia, come una Montecarlo senza la Costa Azzurra o come un’Austria dei valzer, con tante principesse Sissi pronte ad accoglierti con ghirlande di stelle alpine stile Hawaii ma senza la danza hula hula, giusto qualche jodel alla Franz Lang.

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La metafora cede il posto alla realtà, qui si vive veramente in una terra di confine che ha al suo interno un ulteriore confine, quello delle “mele e delle pere”, quello della “gente alta” e della “gente bassa”, quella dei germanofoni e degli italofoni. E come in tutte le zone di frontiera, anche in Alto Adige lo status si è raggiunto sottoscrivendo un trattato intorno ad un tavolo a Saint-Germain giusto 100 anni fa, e da lì non ci si è più schiodati.

Attenzione, sto descrivendo comunque una delle terre più belle e suggestive che io abbia mai visto, dove lo spettacolo del sole che all’alba coi suoi raggi fende le cime dolomitiche è più unico che raro, dove l’aria frizzante mattutina ti risveglia quanto o più della miglior miscela di caffè, dove l’abbraccio della natura è così forte da farti comprendere perché la chiami Madre.

Ma l’idillio è tutto qui.

Anzi, sarebbe meglio dire che l’idillio è tutto qui per un cittadino italiano dichiaratosi di madrelingua italiana, perché se sei un cittadino italiano dichiaratosi di madrelingua tedesca, la vita altoatesina o sudtirolese che dir si voglia, non potrebbe esserti più arridente. 

Ma innanzi a tutto ciò mi tocca comunque ricordare e ribadire che a prescindere che ti dichiari di madrelingua italiana o di madrelingua tedesca, l’Alto Adige è sempre Repubblica Italiana, anche se dopo cento anni e ben quattro generazioni, qualcuno ha difficoltà ad accettarlo. Sono d’accordo per la preservazione di usi, costumi, lingua, cultura e tradizioni, sono completamente in disaccordo che si strumentalizzi il preservare di tali nature per scopi con fini discriminatori, è l’Alto Adige ne è il più lampante esempio.

Quando i diritti non valgono per tutti, tali diritti si trasformano in privilegi per alcuni.

In Alto Adige il pomo della discordia è la proporzionale etnica, ovvero la possibilità di accedere all’impiego negli Enti Pubblici in base alla dichiarazione di appartenenza etnica rilasciata in fase di concorso.

Secondo l’ultimo censimento, la prevalenza etnica dell’Alto Adige è a favore dei madrelingua tedesca, ergo in base alla proporzionale etnica prevista dallo Statuto dell’Autonomia, ci saranno più posti d lavoro disponibili per i madrelingua tedesca rispetto ai madrelingua italiana.

Questo è un privilegio e non un diritto atto a preservare la cultura sudtirolese. Per questo troverai una marea di Gennarino Esposito o di Alfio Caruso dichiarati di madrelingua tedesca, pronti a scambiare babà e cannoli con strudel e kaiserschmarrn. La conseguenza è che negli edifici pubblici, anche in quelli giudiziari di ogni grado e competenza, troverai una stragrande maggioranza dichiaratamente diversa dall’altra, a scapito di un equilibrio e trattamento sicuramente non obiettivo.

Tutto ciò va a ripercuotersi in tutti gli ambiti della vita locale, nel tessuto socio-culturale, in quello politico, in quello scolastico ed in quello della somministrazione dei servizi. E poi c’è il potere, da oltre quarant’anni gestito da una politica filo austriaca e completamente anti italiana, dove la possibilità dell’esercizio “autonomo” del potere ha reso la Provincia Autonoma di Bolzano non un territorio a statuto speciale, bensì un feudo ad uso e consumo di una signoria locale, bene accorta a rimarcare la differenza sociale tra le mele e le pere (cit.)

La massima espressione politica di questa pseudo-signoria, l’SVP, è riuscita nel corso dei decenni a districarsi nei meandri della politica nazionale accumulando vantaggi e privilegi per i propri accoliti, gridando da un lato la loro estraneità alla nazione italica, mentre dall’altro agguantava a piene mani le lire repubblicane. Ed in tutto ciò chi si è dichiarato italiano patisce ancora la discriminante sociale, un accesso limitato al Pubblico Impiego, al diritto allo studio ed anche alla retribuzione economica.

Ma il capolavoro per antonomasia l’hanno ottenuto proprio col diritto all’autoregolamentazione, ovvero alla possibilità di promulgare leggi in maniera autonoma ed indipendente, che inizialmente doveva essere solamente per la salvaguardia della minoranza germanofona – si, avete letto bene, non è un refuso – e che invece si è pian piano estesa a tutta l’attività politica, il più delle volte contravvenendo alla normativa nazionale, come sta accadendo proprio in questi giorni, dopo l’approvazione della legge di bilancio provinciale, palesemente contraddicente in alcuni passaggi alla legge di bilancio 2019 nazionale.

E guai se provi ad intralciare il cammino dei moderni revanscisti.

Soprattutto quelli stellalpinati, ti scagliano immediatamente addosso anatemi di ogni sorta accusandoti di odio etnico e di essere nemico del popolo tedesco (in Italia?), mentre nel silenzio dell’Aula e della complicità di chi ha deciso di vivere in ginocchio per meglio raccogliere le briciole che cadono dai tavoli che contano, si dà il via ai preparativi per una decapitazione mediatica, atta a minare la credibilità ed a creare il più largo dissenso intorno a chi ha osato elevarsi dalla posizione supina, a chi ha denunciato irregolarità e illegittimità perpetrate ai danni di tutta la popolazione sudtirolese, italiana o tedesca che sia. 

Questo è ciò che accade.

Chi governa con una politica da sub-regime mal sopporta le lagnanze di un’opinione pubblica che vuole un trattamento equo, l’abbattimento dei privilegi della classe dirigenziale, equità all’accesso allo studio, conformità a quelli che sono i diritti sanciti dalla Costituzione come il diritto alla salute, vera chimera dell’amministrazione provinciale.

L’altro giorno sembrava essere ritornati in pieno ‘800, dove una manifestazione dei dipendenti della provincia mi ha ricordato i moti e le lotte di classe studiate sui libri di storia; dopo oltre un secolo si torna a manifestare per uguaglianza nei trattamenti salariali, nel silenzio più assordante di una parte dei media, il più delle volte complici nel non dare la giusta visibilità a notizie che pensavo ormai relegate ai documentari di Rai Storia; gli stessi media che non si fanno scrupoli nell’iniziare una campagna di denigrazione strumentale nei confronti di quei galantuomini – pochi – che hanno ancora a cuore la Giustizia e la salute dei cittadini. 

Nel frattempo, quell’aria da immunità che aleggiava tra i corridoi del potere sta venendo sempre meno, le recenti indagini ed i rinvii a giudizio non lasciano margine ad interpretazioni; anche il più sprovveduto dei meteorologi prevedrebbe temporali scorgendo certi nuvoloni all’orizzonte.

Ma noi non ci preoccupiamo, l’ombrello dell’onestà ci proteggerà dal diluvio. 

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