Musica
Al Teatro Comunale di Bolzano arriva «La bohème»
La Fondazione Haydn di Bolzano e Trento presenta il primo appuntamento del suo programma d’opera 2023/24: domenica 19 e martedì 21 novembre il Teatro Comunale di Bolzano accoglie “La bohème“ con la regia di Matthias Lošek. L’opera più amata e rappresentata di Puccini approderà anche al Teatro Sociale di Trento mercoledì 21 e giovedì 22 febbraio 2024.
Il nuovo programma d’opera della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento si apre con uno dei melodrammi più amati di tutti i tempi, capace, a distanza di oltre cent’anni dalla sua prima rappresentazione, di emozionare e appassionare il pubblico di tutto il mondo.
Firmata da Matthias Lošek, che ne cura la regia, approda “La bohème” di Giacomo Puccini (Bolzano, Teatro Comunale, 19 e 21.11.23 | Trento, Teatro Sociale, 21 e 22.02.24). Lošek, al suo ultimo mandato come direttore artistico per il programma d’opera, ha scelto una messa in scena capace di esaltare i tratti che rendono La bohème un dramma fortemente contemporaneo senza perdere, lungo il percorso, alcun ingrediente della ricetta originale.
“Ogni buona opera – sottolinea – può essere contemporanea. I protagonisti de La bohème, quattro ragazzi all’inizio delle loro carriere, sono il perfetto emblema di un nuovo inizio: rappresentano pienamente il motto che abbiamo scelto per questa stagione, “Nothing is written”.
Quest’opera è melodramma puro: parla di vita e amore, sofferenza e morte. Ma è anche, a mio parere, la più crudele e attuale fra quelle mai scritte. Segue il percorso di una giovane ragazza gravemente malata, Mimì, che viene strappata alla vita, mentre la società si limita a osservare. Direi che si tratta di un tema di grande attualità”.
Al direttore d’orchestra Timothy Redmond il compito mettere in evidenza la coloritura musicale dei singoli atti e, insieme all’Orchestra Haydn, di condurre il pubblico in un universo dalle forti e intense sonorità, specchio dell’universo bohémien e della vita interiore dei personaggi per i quali Puccini creò melodie memorabili e soluzioni orchestrali che sono entrate di diritto nella storia della musica.
Era il 1896 quando al Teatro Regio di Torino andò in scena la prima de La bohème, un’opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, diretta da un appena ventinovenne Arturo Toscanini. Dopo la prima rappresentazione, Puccini apportò alcuni cambiamenti e al suo secondo debutto, al Teatro Grande di Brescia, la rappresentazione ottenne un consenso così ampio, si narra, da far tremare le pareti della sala.
Il libretto è basato sul romanzo Scènes de la vie de bohème di Henri Murger, una raccolta di storie che narrano la vita di un gruppo di giovani bohèmiens – Rodolfo, Marcello, Schaunard e Colline – che, sospesi tra il desiderio di libertà e la necessità di guadagnarsi da vivere, cercano di essere artisti sullo sfondo di una vibrante Parigi di fine Ottocento.
Sul loro cammino si faranno largo l’amore, ma anche la morte. Marcello vive con Musetta una relazione saltuaria all’insegna della gelosia e della civetteria, mentre Rodolfo si innamora inaspettatamente della bella vicina Mimì, il cui destino è segnato dalla malattia.
A dare voce e corpo ai principali protagonisti c’è un cast di giovani talenti: Alexandra Grigoras (Mimì), Galina Benevich (Musetta), Alessandro Scotto di Luzio (Rodolfo), Matteo Loi (Marcello), Gianni Giuga (Schaunard), Matteo D’Apolito (Colline).
“Per me era importante che gli artisti scelti fossero giovani, così da poter rappresentare in maniera veritiera i personaggi. – commenta Lošek – Nell’opera, e soprattutto in la bohème, è importante a mio parere riprodurre la veridicità. Credo infatti che ogni opera comporti anche una buona dose di identificazione. Per questo si tratta di un genere che continua ancora oggi ad affascinare”. Fra tutti i personaggi spicca Mimì, il suo dramma, la sua struggente storia di vita e morte.
Essenziale, attenta alla dimensione tragica insita nella musica e nel racconto, questa bohème nasce da una riflessione rispetto alle numerose rappresentazioni che ne sono state date nel tempo. Punto di riferimento per Lošek sono state anche le letture sbarcate al cinema e a teatro, a partire da quella del regista Baz Luhrmann (Sydney, 1993), una bohème come “coming of age drama” che con il suo concetto ha stabilito nuovi standard sia in termini musicali che di interpretazione dei personaggi.
A 30 anni dalla produzione di Luhrmann, l’obiettivo è di evitare ogni cliché e di arrivare al cuore dell’opera attraverso un registro essenziale e originale. I costumi e la scena, realizzati da Oliver Mölter fanno riferimento all’immaginario pop, il lighting design curato da Norbert Chmel ha lo scopo di rendere comprensibile con poche scelte stilistiche l’inevitabile arco della vita e della natura.
Una bohème quindi che diventa una sorta di requiem, che tuttavia celebra la vita e l’amore in tutte le sue sfaccettature: la giovinezza, la premura, la carica sessuale, la sopportazione, l’eterno e il fugace, ma anche la gelosia e l’odio.
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