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Spettacolo

Addio ad Alain Delon: L’icona del cinema francese ci lascia a 88 anni

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È morto il leggendario attore francese Alain Delon. La notizia è stata comunicata dai suoi figli all’agenzia di stampa AFP. L’icona del cinema francese ed internazionale aveva 88 anni.

“Alain Fabien, Anouchka, Anthony, oltre che il suo cane Loubo, hanno l’immensa pena di annunciare la dipartita di loro padre,” si legge nel comunicato. “Si è spento serenamente nella sua casa di Douchy, con accanto i suoi figli e i suoi familiari. La famiglia vi chiede di rispettare la propria intimità in questo momento di lutto estremamente doloroso.”

Alain Delon, noto come il re del cinema francese, aveva già annunciato il suo ritiro dalle scene nel 2017, dichiarando: “Ho l’età che ho. Ho fatto la carriera che ho fatto. Ora, voglio chiudere il cerchio. Organizzando incontri di boxe, ho visto uomini che si sono pentiti di aver fatto un combattimento di troppo. Per me, non ce ne sarà uno di troppo.”

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Oltre al peso degli anni e alla vista della sua leggendaria bellezza sfiorita, a minare la sua voglia di vivere erano stati un ictus (condiviso con il suo eterno amico-rivale Jean-Paul Belmondo) e la diagnosi di un linfoma ai polmoni. Nonostante tutto, Delon aveva ancora salito la scalinata di Cannes nel 2019 per ricevere una Palma d’onore, che risarciva l’unico Prix César ottenuto in carriera. Poi si è piegato definitivamente alla solitudine, una compagna segreta che in più momenti della vita l’aveva accompagnato nel tunnel della depressione.

Nato l’8 novembre 1935 a Sceaux nell’Alta Senna, Delon aveva preso la cittadinanza svizzera negli anni ’90, ma da tempo si era ritirato nella tenuta di Douchy, sulla Loira, dove ha sepolto i suoi cani (45 in totale) e ha preparato la cappella funebre per sé e per le persone care che vorranno ritrovarlo un’ultima volta.

Dopo una vita turbolenta dentro e fuori dal set, Delon aveva provato a tornare in teatro dividendo la scena con l’ex compagna Mireille Darc e la giovane figlia Anouchka, si era riconciliato con il primogenito Anthony, aveva regalato agli amici la maggior parte degli oggetti che scandirono i suoi trionfi e aveva venduto la maggior parte delle sue proprietà. È stato un crepuscolo difficile per l’attore che aveva dominato il cinema europeo per oltre 30 anni; Delon infatti era un’icona, un marchio di successo, un mito degno delle star hollywoodiane.

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Figlio di un piccolo proprietario di un cinema di provincia e di una farmacista, Delon fu abbandonato dai genitori divorziati all’età di quattro anni. Dato in affidamento, cresce come un giovane ribelle, costantemente punito a scuola, insofferente della disciplina e della nuova famiglia della madre in cui non si ritrovava. A 17 anni si arruolò in marina e finì a Saigon, con una ferma prolungata a cinque anni perché quasi la metà la trascorse in cella di rigore. Finalmente congedato nel 1956, si stabilì nella Parigi bohemienne di Montmartre, facendo mille mestieri e rischiando di imbrancarsi nelle peggiori compagnie.

Lo salvò la passione per una giovane attrice, Brigitte Auber, e l’incontro occasionale con Jean-Claude Brialy, che, colpito dalla sua bellezza, lo invitò al Festival di Cannes e lo incoraggiò a tentare la carriera del cinema. Irrequieto com’era, Delon mise radici a Roma, trovando ospitalità dal fotografo Gian Paolo Barbieri, ma rifiutò la proposta del tycoon David O’Selznick che gli offriva un contratto in esclusiva a Hollywood. Tornò a Parigi e accettò la proposta di Yves Allegret, che lo scelse per “Godot” con Edwige Feuillière e lo propose poi a suo fratello Marc per “Fatti bella e taci”. Nel 1958, su quel set, il giovane attore incontrò Mylène Demongeot e il suo amico ed eterno rivale, Jean-Paul Belmondo. I suoi primi film non furono immediati successi, ma lo fecero notare da René Clement, che nel 1960 gli offrì il ruolo della vita: il giovane Tom Ripley in “Delitto in pieno sole” dal romanzo di Patricia Highsmith. Fu un’autentica esplosione, un terremoto artistico e commerciale che nella vita di Alain Delon si legò a Romy Schneider, conosciuta due anni prima sul set di “L’amante pura”. Insieme, i due conquistarono in breve tempo Parigi, la Francia, il cinema e la notorietà.

Tornato in Italia nello stesso 1960, Delon trovò la conferma artistica grazie a Luchino Visconti in “Rocco e i suoi fratelli”, per poi incontrare Michelangelo Antonioni (“L’eclisse”, 1962) e trionfare con “Il Gattopardo” (Palma d’oro a Cannes nel 1963). Nello stesso anno corona il sogno infantile di rivaleggiare con Jean Gabin grazie a Henri Verneuil che lo dirige in “Colpo grosso al casinò” e lo inizia al genere del “polar” (incrocio di noir e poliziesco) che sarà il marchio di fabbrica per tutta la carriera. La lista dei suoi film (e successi) per i vent’anni successivi è impressionante: basti pensare al sodalizio con Jean-Pierre Melville (da “Frank Costello” a “I senza nome”), alla rivalità spettacolare con Belmondo (“Borsalino”), alla sequela infinita di capolavori di genere diretti da Jacques Deray, tra cui spicca, nel 1969, il nuovo incontro artistico con Romy Schneider (da cui si era separato nella vita) in “La piscina”. Attore poliedrico, dal fisico atletico che esalta in titoli di cappa&spada come “Il tulipano nero” o “Zorro” del nostro Duccio Tessari, lavoratore frenetico (più di 80 film come attore, 30 come produttore, due come regista), Delon conserva però una segreta passione per il cinema d’autore con incursioni memorabili come “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini (1972), “Mr. Klein” di Joseph Losey (1976), “Un amore di Swann” di Volker Schlondorff (1984), “Nouvelle Vague” di Jean-Luc Godard (1990).

Con la sua scomparsa, il mondo del cinema perde una delle sue figure più iconiche e influenti.

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