Benessere e Salute
Petra M.: «Alzarsi una volta in più di quanto si cade». Dopo la diagnosi di tumore al seno, la sua storia
Per Petra M. questa citazione di Winston Churchill è il motto perfetto. Circa un anno fa, le è stato diagnosticato un tumore al seno e questa è la storia di come lo ha affrontato.
Petra (nome di fantasia) ha già dovuto far fronte a diverse vicissitudini nella sua vita come la perdita di alcuni tra i suoi familiari più prossimi: “In un certo senso, questo mi ha reso più dura e ci vuole molto per mandarmi fuori pista”, esordisce la 48enne del Burgraviato.
Ma nel dicembre 2022, la “giostra” si è fermata anche per lei, che è da sempre un’ottimista: “Tutto è iniziato quando ho sentito un nodulo, simile a una grossa puntura d’insetto, nel seno. Non ho pensato a nulla di male, ma ero abbastanza sollevata per il fatto che mi sarei sottoposta a un controllo di lì a poco”, racconta.
All’improvviso, però, gli eventi hanno subito una drastica accelerazione. Infatti, la sua ginecologa ha immediatamente invitato Petra, madre di due figli, ad effettuare una mammografia urgente: “Mi ha detto testualmente, non mi piace”.
Successivamente, ha sostenuto esami ecografici e una biopsia con punch (bisturi cilindrico, ndr) all’Ospedale di Merano. Il risultato della biopsia è arrivato circa 10 giorni dopo. Per Petra, quel periodo è stato “un inferno” perché l’incertezza era angosciante.
A rincuorarla un po’ è stato il potersi affidare ai numeri, lei che per lavoro ha sempre avuto a che fare con le statistiche: “Sapevo che le probabilità di individuare un cancro al seno in uno stadio precoce erano buone e che l’Azienda sanitaria dell’Alto Adige agisce rapidamente in questi casi. Ciò mi ha abbastanza rassicurato ”.
Quando ha appreso i risultati, Petra e suo marito sono stati invitati in ospedale per un consulto medico. A entrambi era già chiaro che non sarebbe stato un colloquio facile: “Ci è stato spiegato nei dettagli che si trattava di un tumore piccolo ma maligno, dipendente dagli ormoni”, racconta Petra.
Herbert Heidegger, Primario di Ginecologia e Ostetricia, nonché responsabile del Centro Senologico all’Ospedale di Merano, chiarisce cosa si intende: “In molte donne colpite, la crescita del tumore al seno dipende dagli ormoni. Ciò significa che esiste una connessione tra cancro e ormoni femminili quali estrogeni e progesterone. A causa di questi ultimi, definiti recettori, può avvenire la crescita delle cellule tumorali. La terapia anti-ormonale dovrebbe impedire la proliferazione di cellule maligne”.
La prima reazione di Petra è stata di rabbia. Ira per un nuovo rovescio del destino, per l’ennesima prova da affrontare. “Mi sono detta: ora anche questo? Mi venivano in mente tutte le cose che si dicono sulla prevenzione: non bisogna fumare e bere, devi mangiare sano, fare esercizio fisico, allattare i figli se possibile… Mi sono attenuta a tutte queste cose e proprio io dovevo ammalarmi di cancro al seno?”
Alla rabbia sono seguite le preoccupazioni per i propri cari: “Quando mi hanno detto che dovevo essere operata, eravamo prossimi alle festività natalizie. Volevo regalare alla mia famiglia e ai miei due figli adolescenti un bel Natale. Per questo motivo, ho chiesto al Dott. Heidegger di rimandare l’operazione dopo le feste”, ricorda Petra.
Nei giorni successivi alla Vigilia di Natale è arrivato il difficile compito di informare i figli. Il fatto che abbiano accolto la notizia con una certa compostezza è certamente dovuto anche all’ottimismo mostrato dalla loro mamma: “Sembrava tutto abbastanza irreale. A differenza di quanto solitamente succede quando si ha una malattia, non avevo la sensazione di essere ammalata, mi sentivo bene”, conferma la 48enne.
Petra ricorda che l’operazione in sé non è stata stressante dal punto di vista fisico ma il periodo successivo è stato psicologicamente molto provante. Poiché il tessuto linfonodale operato doveva essere analizzato, ha dovuto aspettare ben quattro settimane per avere maggiori informazioni sul tipo di tumore e sulla terapia da attuare. “Quelle quattro settimane sono state brutte per me, anche se ho cercato di distrarmi il più possibile”, racconta la paziente, che fino ad allora era stata molto attiva.
Fin dall’inizio, Petra è stata sempre molto esplicita sulla diagnosi, solo che non voleva far pesare la cosa ai suoi genitori anziani. Motivo per cui ha chiesto di poter usare un nome diverso per questa intervista, per la quale ha ricevuto sostegno e incoraggiamento.
Poi, a fine gennaio scorso, è arrivato il responso: i linfonodi non presentavano tracce tumorali, per cui non era necessaria la chemioterapia. Il trattamento, dunque, si è basato su radioterapia e terapia ormonale.
Per il Primario Herbert Heidegger, è stata una scelta obbligata: “Perché la terapia anti-ormonale è un’opzione importante per il cancro al seno, oltre alla chirurgia, alla chemio e alla radioterapia. Ha lo scopo di bloccare la formazione o l’effetto degli estrogeni. La crescita delle cellule tumorali sensibili agli ormoni viene così impedita. Questo può ridurre il rischio di recidiva o di progressione della malattia in molte pazienti”.
“All’inizio, mi sentivo incredibilmente sollevata dal fatto di non dovermi sottoporre alla chemioterapia, ma non potevo sapere cosa avrebbero comportato per me le altre due opzioni terapeutiche”. Due settimane dopo l’arrivo dei risultati, era già stato fissato il primo degli appuntamenti quotidiani che si sarebbero protratti per più di cinque settimane presso il Servizio di Radioterapia dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige.
Ogni seduta durava solo pochi minuti e il dosaggio era elevato a causa della giovane età della paziente e del tipo di tumore. “Sembra quasi surreale, ma ho un bel ricordo di quel periodo”, racconta Petra. “Noi pazienti eravamo accomunati dalla malattia, poi il personale che lavorava lì è incredibilmente gentile e tutto funziona come un orologio. Mi sono sentita davvero ben assistita”.
In generale, Petra ha piena fiducia nei professionisti della Sanità e si schiera dalla loro parte: “Non ho mai cercato su Google la mia diagnosi, ho sempre avuto fiducia e cerco ancora di fare un passo alla volta. E devo dire che tutte le persone dell’Azienda sanitaria che ho incontrato nel corso della mia malattia sono dei veri angeli per me”.
Anche quando stanchezza e fiacchezza sono comparse come effetti collaterali della radioterapia, è stata indirizzata al Servizio di Medicina complementare dell’Azienda sanitaria: sedute mirate di agopuntura le hanno permesso di migliorare sempre di più.
Lentamente, le cose hanno iniziato a girare per il meglio e Petra è potuta tornare al lavoro. Tuttora, va a sottoporsi a visite di controllo ogni tre mesi: “Bisogna lottare finché si può, perché qualsiasi altra scelta la troverei irresponsabile nei confronti di chi non ha avuto la possibilità di farlo”.
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