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Alto Adige

La comunità iraniana che vive a Bolzano si è mobilitata per informare la cittadinanza sulla situazione nel paese

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In seguito alla morte il 16 settembre scorso della giovane ragazza curda Mahsa Amini, accusata di non aver indossato correttamente il velo mentre faceva acquisti con la sua famiglia a Teheran, si sono sollevate proteste in tutto l’Iran sfociate poi in manifestazioni a livello mondiale.

Anche la comunità iraniana che vive a Bolzano si è mobilitata per informare la cittadinanza sulla situazione nel paese, sulle violazioni dei diritti umani e per la libertà delle donne. I rappresentanti della comunità iraniana hanno organizzato manifestazioni in Piazza Mazzini e una conferenza in collaborazione con il Comune, il Centro Pace e la Libera Università di Bolzano dal titolo ‘”Voci per le donne dell’Iran” .

Tra le varie iniziative promosse, nel pomeriggio di ieri una delegazione della comunità iraniana del capoluogo composta da Marjan Asghari, Nooshin Shahkarami, Sabri Najafi, Mohsen Farsad ed una ragazza curda che ha preferito mantenere l’anonimato per motivi di sicurezza è stata sentita in conferenza Capigruppo e Commissione Pari Opportunità riunite in seduta congiunta in municipio.

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E’ stata l’occasione per testimoniare e raccontare ciò che sta accadendo in Iran e per chiedere anche alla Città di Bolzano di interrompere qualsiasi tipo o forma di collaborazione e rapporto con il regime iraniano. A tale proposito la Presidente del Consiglio comunale di Bolzano Monica Franch e la Presidente della Commissione Pari Opportunità l’Assessora Chiara Rabini hanno espresso a nome della Città e del Consiglio piena solidarietà e massima vicinanza a tutto il popolo iraniano ed in particolare alle donne che più di tutte stanno soffrendo l’oppressione e la violenza del regime.

L’amministrazione comunale si è inoltre già attivata per mettere a disposizione uno spazio, le vetrinette di Passaggio Walther, per informare su ciò che sta accadendo in Iran con l’obiettivo di mantenere sempre alta e viva l’attenzione sul tema. La vetrina sarà allestita dai rappresentanti della comunità iraniana di cui è referente Mohsen Farsad, Primario dell’Ospedale di Bolzano, con testi e foto della campagna informativa sulla situazione in Iran. (mp)

13-16 settembre 2022 Mahsa Jina Amini, donna curda di 22 anni, viene arrestata dalla polizia morale di Teheran perché accusata di non aver indossato il velo secondo le regole in vigore.

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Per i social media iraniani, la giovane donna sarebbe stata picchiata a morte dopo il suo arresto dalla polizia morale iraniana. Pare che gli agenti abbiano colpito la giovane Jina alla testa così forte, da provocarle un’emorragia cerebrale: dopo tre giorni di coma Jina muore.La morte di Jina ha suscitato, immediatamente, indignazione, rabbia e tristezza in tutto il paese. Le prime proteste hanno luogo davanti all’ospedale Kasra di Teheran.

Il 17 settembre, giorno dei funerali di Jina che si sono tenuti nella sua città natale Saghes, che si trova nel Kurdistan iraniano nel nord-ovest del paese, sono in migliaia le persone che partecipano alla cerimonia. È cosi che si forma un corteo di protesta che verrà contrastato dalla polizia usando gas lacrimogeni.

Lo slogan che viene urlato dai manifestanti è: “Morte al dittatore“, in riferimento alla guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei. Nei giorni successivi grandi proteste nelle strade di molte città dell’Iran. Sui social media, i video mostrano donne che sventolano il velo sopra la testa, soffiano fischietti e gridano slogan contro il regime islamico, in particolare lo slogan che invita alla rivoluzione femminista: “Donna Vita Libertà (Zan Zendeghi Azadi).

Dopo pochi giorni il regime interrompe le connessioni Internet in tutto il paese, per evitare che le persone si possano organizzare e comunicare tramite i social media. Tuttora, la connessione internet funziona solo poche ore al giorno ed è estremamente lenta.

Di conseguenza il governo blocca tutti i social media: essi possono funzionare, con grandi difficoltà, attraverso alcuni sistemi antifiltro. Tuttavia le proteste continuano, soprattutto nelle università, nelle scuole e sulle strade di molte città iraniane. Dopo la rivoluzione iraniana, queste rappresentano le proteste più durature e, diffuse in tutto il paese, coinvolgono tutte le classi sociali.

La risposta del regime è durissima. Fino ad oggi sono state uccise più di 500 persone, tra le quali almeno 60 minorenni. Sono stati arrestati più di 18.000 persone: oltre a molte e molti oppositrici ed oppositori politici, il governo ha arrestato anche molti e molte rappresentanti della sfera culturale iraniana (artiste/i, cineaste/i sportive/i, giornaliste/i, scrittrici/ori).

Il regime ha condannato a morte fino ad oggi più di 39 manifestanti. In seguito a dei processi mai stati così veloci, due giovani manifestanti, il 23enne Mohsen Shekari e il 22enne Majidreza Rahnavard, sono stati ingiustamente impiccati.

Secondo alcune testimonianze che provengono dalle persone che sono in carcere, il governo sta attuando una politica di violenza basata sullo stupro e sulla tortura fisica e psicologica. Le regioni del Kurdistan (nord-ovest del paese) e del Baluchistan (sud-est del paese) stanno pagando un prezzo molto elevato: in queste zone è stato registrato il maggior numero di morti delle persone che manifestano.

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