Bressanone
Giardino di Corte, via al progetto Heller
Ipotizzato il costo di 1 milione 200 mila euro, più 350 mila per i tre-quattro anni successivi di realizzazione
Il comune di Bressanone ha vinto il ricorso per l’affidamento dell’appalto per la progettazione dei giardini della Hofburg all’artista viennese André Heller.
Il Consiglio di Stato di Roma ha confutato la sentenza del TAR di Bolzano, che nel novembre 2020 aveva annullato l’aggiudicazione dell’appalto.
Il sindaco Peter Brunner ha tirato un sospiro di sollievo e si è dichiarato felice del verdetto ufficializzato l’altro ieri. “Ora possiamo finalmente a lavorare sul progetto di Andé Heller” ha dichiarato.
Il Giardino dei Signori, antico parco dei Principi-Vescovi, era finito in tribunale: storia vecchia, ma che farebbe sorridere se di mezzo non ci fossero soldi pubblici, indecisioni, contestazioni, denunce, tanto da poter riaffermare con forza, sotterrando i desideri di Eva Klotz, che l’Alto Adige-Südtirol è proprio Italia. O perlomeno quella faccia del Bel Paese che talvolta mostra appunto lungaggini, spreco di denaro pubblico, indecisioni, contestazioni, denunce, a cui seguono lunghi, lunghissimi procedimenti giudiziari che non servono assolutamente a niente.
Il Consiglio di Stato si è pronunciato sul progetto, appoggiato dal Comune e proposto da un vero e proprio genio delle arti e della multimedialità di nome Andrè Heller, austriaco di nascita, ma noto in tutto il mondo per essere un creativo geniale. Il nome, meritatamente altisonante, doveva servire a tagliare quel nodo gordiano intrecciato nel corso degli anni dalle indecisioni e debolezze della politica locale: Andrè Heller, oltre ad essere cantautore con milioni di dischi venduti, artista e designer, progettista di successo di parchi come al Lago di Garda, a Wattens per la ditta Swarowski e ancora il parco avanguardistico, per i tempi, “Luna Luna” ad Amburgo ed ancora essere stato il direttore artistico-culturale dei Campionati del Mondo del 2006 in Germania (e abbiamo citato solo una piccola parte del suo curriculum vitae) ha fatto ciò che gli veniva chiesto.
Se non ricordiamo male, visto che la storia infinita del Giardino dei Signori si trascina dal 1990 (e son passati dunque ben 22 anni!), anno in cui, quel luogo che ha visto avvicendarsi cardinali e principi e artisti come Mozart, nobili e dame, nel quale si viveva come in una corte sontuosa, con tanto di orangerie dove venivano coltivati aranci e limoni e stalle dove vivevano cervi e daini, quel luogo è stato inserito nel verde pubblico.
Il primo, unico atto di cui tutti hanno memoria, è stato l’abbattimento di centinaia di alberi da frutto del pomarium, che esisteva certamente già nel 1243, mentre ormai dimenticata è l’esistenza (datata 1576) del Giardino dei Signori con orangerie, voliera, peschiera e casina estiva. Questa parte infatti, a nord del Palazzo Vescovile, è stata da tempo acquisita da privati e il giardinetto, piccolo polmone interno con verdure curate in maniera ornamentale e dedicate ai poveri, funge da collegamento tra Via Vescovado e Via Ratisbona.
Quella però dell’acquisizione e della “liberazione” del pomarium, doveva essere il primo atto di una proposta “elegante” e discreta di verde pubblico per cittadini e turisti, affidata ad un concorso internazionale, con strutture leggere come l’ingresso con la cassa, un bar, le toilettes, un edificio per gli attrezzi, l’utilizzo a fini culturali delle due strutture dette Torre Cinese e Torre Giapponese e dei percorsi tali, da unire sacro e profano
Ebbene, il primo concorso di idee risale a oltre vent’anni fa e vide un vincitore, un secondo e un terzo classificati. Non se ne fece nulla. Allora – se non andiamo errati – era ancora sindaco la buonanima di Klaus Seebacher. La storia si ripetè nel 2012 quando ad aggiudicarsi il primo premio al concorso d’idee fu un gruppo meranese composto da uno studio specializzato in architettura paesaggistica e da uno di architettura. Anche questo rimase lettera morta.
Fu nel 2020 che il decisionismo del sindaco attuale Brunner prese piede e il consiglio comunale votò per affidare ad Andrè Heller il progetto. Apriti cielo! Non solo i Verdi brissinesi e l’Ordine degli architetti, ma anche un comitato d’iniziativa per un parco “aperto” a tutti si posero di traverso rivolgendosi al TAR che diede loro ragione. Il resto è storia recente. Ciò che veniva contestato erano i costi di realizzazione, di progettazione e il seguente e successivo (a conclusione lavori) biglietto da pagare all’ingresso in futuro.
E’ che Heller è un artista, ciò che realizzerà sarà un’opera d’arte che secondo gli expertise è da paragonare a quelle di Christo o di Robert Smithson. “Ciò che Heller vuole realizzare è un insieme organico di spazi verdi, installazioni artistiche, opere di statuaria terrazzamenti e modellazione del suolo. L’opera si caratterizzerà quindi come opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk), vale a dire sintesi di materiali artistici differenti, scultura, arte dei giardini, musica, luci eccetera che l’Artista fonde alla ricerca di una nuova unità delle arti”.
Abbiamo citato qui ciò che Enrico Nigris, professore a Roma Tre, ha sintetizzato per il Consiglio di Stato. È chiaro a questo punto che le opere di statuaria (ad esempio) verranno affidate a scultori, che le luci abbisogneranno di tecnici raffinati e via dicendo.
Dunque il prezzo, ipotizzato in 1 milione 200 mila euro, più 350 mila per i tre-quattro anni successivi di realizzazione, periziati da Enrico Nigris, non debbono apparire né eccessivi, né sproporzionati, ma consoni alla signorilità antica e moderna del luogo. Per la gente, quella che protesta nel segno di “tutto libero per tutti”, ci sono i Giardini Rapp ormai ridotti a luogo di estemporanee feste all’aperto, e verrà realizzato un parco pubblico in Zona Priel, dove oggi ci sono i campi da tennis che a loro volta verranno spostati a Millan nel contesto della nuova zona sportiva.
Il sindaco Brunner aveva dichiarato come “…il Giardino di Corte Principevescovile, che è sotto tutela storico-artistica, è per il Comune di interesse centrale”. L’opera “tipo” Land Art – per le sue caratteristiche specifiche, e a differenza di un quadro – prevede costi di produzione molto elevati, con l’impiego di macchinari, di assistenti e di maestranze specializzate che collaborano alla realizzazione dell’opera stessa, che se avrà la stessa risonanza del museo del cristallo voluto da Swarowski a Wattens (un milione di visitatori paganti l’anno) per Bressanone sarà un fiore all’occhiello.
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