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Società

Università e Coronavirus: esami a distanza con conseguenze disastrose. Pochi ne parlano

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La pandemia del coronavirus ha trasformato la vita lavorativa e sociale di milioni di persone. In mesi di lockdown e restrizioni, si è parlato tanto di scuola ma si è parlato poco di Università.

Non si è calcolato il danno per gli studenti in conseguenza delle Università chiuse. Forse non c’è stata una seria discussione sulle vere conseguenze disastrose che questo isolamento avrà sulle vite di milioni di studenti e quindi inevitabilmente sul futuro dell’Italia.

Tuttavia, qualcosa è cambiato con la seconda ondata e con la lenta comprensione di differenziare. Le misure di sicurezza. Infatti con il nuovo Dpcm in vigore dal 16 gennaio 2021 ci sono alcune novità per le Università rispetto al precedente, ove si prevede che le lezioni possano riprendere anche in presenza, alternando questa modalità con quella a distanza.

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“Le Università, sentito il Comitato Universitario Regionale di riferimento, predispongono, in base all’andamento del quadro epidemiologico, piani di organizzazione della didattica e delle attività curriculari, da svolgersi a distanza o in presenza, che tengono conto delle esigenze formative e dell’evoluzione del quadro pandemico territoriale e delle corrispondenti esigenze di sicurezza sanitaria […]”.

Le Università “devono assicurare laddove ritenuto necessario e in ogni caso individuandone le relative modalità, il recupero delle attività formative, nonché di quelle curriculari, ovvero di ogni altra prova o verifica, anche intermedia, che risultino funzionali al completamento del percorso didattico; le assenze maturate dagli studenti di cui alla presente lettera non sono computate ai fini della eventuale ammissione a esami finali nonché ai fini delle relative valutazioni.”

Si è finalmente capito che non è possibile tenere i docenti lontani dagli studenti e gli studenti lontani dagli altri studenti per un periodo troppo lungo. La didattica online è sicuramente utile, ma se è integrativa della didattica in presenza. Ed invece si procede anche con gli esami online che scatenato ansie ed angosce negli studenti costretti a rispondere alle domande dei docenti davanti al p.c. dentro una cucina sigillata.

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Nel caso di alcun esami in Trentino, i docenti per non correre il pericolo che lo studente copi, hanno voluto fare la prova di esame attraverso un cellulare.  Nella stanza in cui si sostiene la prova, poi, non devono essere presenti «altre persone» né «libri, quaderni o appunti» con il docente che, a sua discrezione, «potrà chiedere allo studente di inquadrare la scrivania per mostrare che sia vuota e che le pareti intorno siano vuote o comunque senza fogli appesi».

I docenti dovranno invitare i ragazzi a «mantenere lo sguardo verso lo schermo, onde evitare la consultazione di materiale non ammesso». Nessuna distrazione, nessuna furbata.

Sono in molti a chiedersi il perché, visto i grandi spazi a disposizione dell’ateneo trentino, gli esami non vengano fatti in presenza mantenendo il distanziamento. Si potrebbe a riguardo fare l’esame con tanto di microfono in mano rimanendo anche a 50 metri di distanza. E rimane incomprensibile il perché non venga fatto. 

Fino ad ora non c’è stata una seria discussione sulle vere conseguenze disastroseche la chiusura di scuole e università avrà sulle vite di milioni di studenti e, inevitabilmente, sul futuro del Paese.  Come recuperare le ore perdute di lezioni in presenza e come ricostruire la rete di rapporti umani con compagni e professori dopo quasi un anno di «isolamento»?

Come immaginare un ritorno alla «normalità» dopo una lunga assenza che ha aumentato la dipendenza da computer e dispositivi?  Come favorire un riequilibrio in cui il virtuale venga ridimensionato rispetto alla vita reale ?

L’Università ha una funzione essenziale nella formazione: senza l’esperienza comunitaria viene meno una delle componenti fondamentali della crescita umana e culturale.

Riportare, in sicurezza, gli studenti negli atenei è una priorità come quella di tenere aperti gli ospedali.

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