Benessere e Salute
Pandemia e confinamento: l’nsonnia al tempo del Covid
Dicembre 2020. Durante questo periodo prolungato di pandemia e confinamento molte persone accusano con maggior frequenza una sintomatologia riferibile ad una bassa qualità del sonno. Il sonno è il fenomeno dove psicologia e fisiologia si incontrano a dimostrazione che le manifestazioni dell’essere umano richiedono una profonda comprensione attraverso molteplici discipline.
Il ritmo circadiano, ossia il ritmo con cui il nostro corpo si attiva in sincronia con la luce del giorno e trova riposo durante la notte, è scandito da molteplici fattori, sono i cosiddetti Zeitgeber. Tra questi fattori possiamo distinguere quelli che provengono dall’esterno, come la temperatura o l’attività fisica e quelli che provengono dall’interno come l’espressione di alcuni ormoni specifici.
Gli ormoni più importanti per la regolazione del ritmo circadiano sono la melatonina che viene rilasciata in circolo a partire dalle ore 21 ed il cortisolo che viene rilasciato nel sangue a partire dalle ore 6. Questi ormoni lavorano in sincronia e l’uno si alterna con l’altro. La melatonina è impiegata nel nostro cervello principalmente per sostenere il sonno durante la notte e indurre il comportamento al sonno, ossia ha il compito di darci la misura della nostra necessità di dormire, vi è quindi un aumento della percezione della pesantezza del corpo e degli arti. Al contrario il cortisolo una volta entrato in circolo sostiene l’attività di veglia.
Dopo questa breve introduzione potrebbe sembrare che il sonno sia un fatto prettamente fisiologico, governato da ormoni e fattori ben definiti nell’ambiente che ci circonda. La realtà è sempre più complessa e la fisiologia e l’ambiente influenzano e vengono influenzati da nostri comportamenti.
Dopo una serie di trasformazioni che avvengono nell’ambiente e nel nostro corpo possiamo constatare che il nostro cervello risulta essere allo stesso tempo sia l’organo che invia sia l’organo che riceve come bersaglio segnali ed informazioni. Ciò che risulta meno evidente è quanto la mediazione di questi segnali da parte della mente sia cruciale. Una volta riconosciuto che non stiamo parlando di sonno, ma più sottilmente della percezione che la mente ha del sonno possiamo cominciare a comprendere meglio quanto la consapevolezza della nostra personalità possa essere lo strumento migliore che abbiamo per prenderci cura del nostro sonno.
Durante la mia attività professionale ho avuto la possibilità di osservare come le diverse personalità abbiano modalità molto diverse nel gestire le problematiche inerenti al sonno. Vedremo assieme alcuni esempi che possono essere d’aiuto per affrontare la propria problematica al meglio.
Partiamo dalle personalità con tratti ansiosi e/o depressivi: queste personalità generalmente hanno una bassa attivazione durante il giorno e tendono ad attribuire una valenza negativa a ciò che accade nelle diverse situazioni che vivono. Il fatto di avere una bassa attivazione non favorisce il confronto diretto con le difficoltà incontrate durante la giornata e lascia spazio alla ruminazione mentale, ossia quel processo di pensiero che tende a pensare su se stesso e che salendo nella costruzione di ipotetici scenari perde di vista le basi che riferiscono alla realtà.
Un esempio di questo modo di agire può venire da chi desidera dormire per essere efficiente al lavoro il giorno dopo e dimentica completamente che si dorme per riposare non per essere efficienti. Il suo pensiero la sera lo porterà a considerare tutti i possibili inconvenienti relati ad una scarsa efficienza sul posto di lavoro e sarà poco suscettibile di accorgersi e apprezzare tutti i segnali che conducono il comportamento al sonno.
Un altro esempio che ho incontrato molto frequentemente sono le personalità con tratti ossessivi e di controllo, questi tratti tendono ad accentuarsi dopo un’intensa frustrazione: queste personalità tendono ad un’alta attivazione durante il giorno e percepiscono la valenza negativa della situazione come risultato della mancanza della loro normale attività di controllo sulla loro vita e quando il sonno ne risente lo percepiscono come una problematica da risolvere focalizzando eccessivamente l’obbiettivo a breve termine. Questi casi si presentano di difficile trattamento perché spesso la predisposizione positiva alla risoluzione della problematica può instaurare un meccanismo di fissazione che sostiene il controllo e non favorisce il processo del sonno che per definizione è fuori dal nostro controllo cosciente.
Un ultimo esempio d’interesse sono le personalità con tratti narcisistici: all’interno di queste ho riscontrato un’elevata incidenza di insonnia psicosomatica, ossia quel tipo di insonnia scatenata da una scarsa consapevolezza di problematiche irrisolte o non esplorate nella giusta misura.
Durante il giorno l’attivazione è normale e non vi è tendenza ad attribuire una valenza negativa alle situazioni, senonché durante la notte e prevalentemente nella seconda parte, vi sono dei risvegli anticipati. La manifestazione dell’insonnia in questo caso è congruente anche con la maggior densità di sonno REM espressa nella seconda parte della notte, il sonno REM indica la presenza del processo di sedimentazione della memoria affettiva che non viene integrata correttamente e superficializza il sonno. Questi casi presentano spesso dei meccanismi di difesa di alto livello come la razionalizzazione che necessita di un trattamento psicologico di tipo metacognitivo.
Il contributo per La Voce di Bolzano è del Dr. Gabriele Munarini. Psicologo, laureato in Neuroscienze e riabilitazione neuropsicologica, si occupa di Psicofisiologia clinica, branca della Psicologia che studia e aiuta la risoluzione di Disturbi psicosomatici e Disturbi del sonno.
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