Le nostre storie
Coronavirus, un’altoatesina a Londra: “Menefreghismo o lockdown? Abbiamo paura”
Totale incoscienza, allerta, poi di nuovo menefreghismo e ancora ansia e preoccupazione sembrano alternarsi in una Londra che oggi, all’arrivo dell’emergenza Covid-19, sembra una metropoli confusa.
Boris Johnson, smarcandosi dai suoi colleghi europei, aveva sposato, nella fase iniziale, la teoria della cosiddetta “immunità di gregge”, sostenuta da alcuni scienziati di là della Manica, suscitando numerose critiche nell’opinione pubblica.
L’inquilino di Downing Street, dopo alcune ore, è stato stato costretto al dietro front, chiedendo ai propri cittadini di adottare “misure draconiane”. I provvedimenti più stringenti sono caldeggiati nella “City”, dove si sono addensati i primi casi di contagio.
E nelle ultime ore la situazione sembra peggiorare. Il clima è inquinato da presagi oscuri, soprattutto alla luce di ciò che sta succedendo in Europa.
I numerosi italiani, tra cui molti altoatesini che vivono e lavorano a Londra, oggi assistono però a uno spettacolo tra il comico e il tragico, in una metropoli ancora divisa a metà tra chi è consapevole dell’emergenza e chi invece non sembra assolutamente rendersi conto di quello che sta succedendo. Preoccupazione sì, ma ancora molta, troppa gente per strada.
Ce lo racconta Sarah Spechtenhauser, 38enne altoatesina, designer originaria della val Venosta che da anni vive tra Londra e il resto del mondo, ma oggi stabile nella City.
Com’è la situazione nel Regno Unito, un Paese che inizialmente ha scelto di non fare prevenzione, appellandosi alla discutibile strategia di “herd immunity”, ovvero “immunità di gregge”?
Direi che è quasi ‘business as usual’. L’emergenza coronavirus si nota poco. La strategia di ‘herd immunity’ è stata accolta con sentimenti contrastanti. Qui sono in tanti a pensare che i media ingigantiscano l’emergenza e che misure drastiche sarebbero esagerate e non necessarie.
Altri come me, che stanno seguendo la situazione da casa, sono molto preoccupati. Al momento siamo pregati di limitare contatti sociali e di lavorare da casa se possibile, ma non viene rinforzato in nessun modo.
Come uno può immaginare questo porta pochi risultati, anche perché tanti pub, bar e ristoranti rimangono aperti. Insomma, il Regno Unito sta ignorando una situazione grave, sperando che passi da sola.
“Dovete abituarvi all’idea che molti perderanno i loro cari”. Cosa pensi, tu che abiti lontana dall’Italia, con tutte le preoccupazioni che ne possono derivare, del discorso del primo ministro inglese Boris Johnson?
Con questa frase Johnson ha iniziato la sua primissima conferenza stampa ‘emergenza coronavirus’. Sembrava essere una rassegnazione all’imminente disastro. È incredibile come il Regno Unito, che avrebbe potuto imparare dall’esperienza italiana e reagire in modo veloce alla minaccia, sembra aver deciso di fare niente.
È stato descritto come una reazione tipicamente British, il classico ‘keep calm and carry on’, però in queste circostanze non mi sembra una strategia buona. Ovviamente le decisioni sono influenzate molto da motivi economici. Un lockdown avrebbe grosse ripercussioni economiche, un sacrificio che un governo post Brexit forse non vuole o non può fare, anche a costo di sacrificare i propri nonni.
Nelle ultime ore il governo britannico sembra comunque tornare sui suoi passi, cambiando la comunicazione e invitando la popolazione a limitare gli assembramenti. E’ stata sospesa anche la Premier League. Dopo la repentina retromarcia come ha reagito l’opinione pubblica britannica?
C’è sfiducia nel governo. I numeri ufficiali non riflettono la realtà e i casi positivi sono stimati essere già più 10mila. Negli ultimi giorni giravano online le prime petizioni per fare chiudere le scuole e sospendere eventi, cosa che adesso si è fatta. Sembra però che la gente sia a favore di misure ‘leggere’ che non vadano troppo ad impattare sulla propria vita quotidiana.
A londra vivono tanti italiani ma anche spagnoli e persone provenienti da altri paesi affetti pesantemente dall’emergenza coronavirus. Come reagiscono loro all’ emergenza Covid-19?
Noi italiani a Londra stiamo vivendo un periodo inverosimile, cioè stiamo vivendo una situazione d’emergenza di ‘seconda mano’ tramite il contatto con famigliari e amici in Italia, mentre ci troviamo in un paese che ancora fa finta di niente. Tanti italiani hanno iniziato a limitare contatti sociali e uscite da un bel po’, seguendo le misure imposte a casa. In tanti abbiamo detto che ci sentiremmo più sicuri a casa che qua.
Quando è stata l’ultima volta che sei rientrata in Alto Adige? La provincia di Bolzano raccontata dai tuoi in tempi di Coronavirus?
Sono stata a casa proprio a fine febbraio, quando i casi in Lombardia e Veneto aumentavano rapidamente. A Bolzano era stato registrato il primo caso positivo però la situazione era ancora sotto controllo. Negli ultimi giorni siamo arrivati a più di 500 casi accertati di contagio.
Ho visto articoli e post sui social di persone che nonostante la quarantena escono. Il pericolo di questo virus è l’alto tasso di trasmissibilità ed è proprio per quello che dobbiamo rimanere a casa se vogliamo evitare una catastrofe anche in Provincia. La situazione mi preoccupa. Finché non c’è vaccino, l’unica difesa è rimanere nelle proprie abitazioni, in Italia e anche qui a Londra.
E adesso?
Da un paio di giorni qui a Londra girano voci che il governo finalmente attuerà il lockdown, non del Paese intero ma di Londra, dove sono stati registrati piu casi. I supermercati sono affollati e spesso si trovano i scaffali vuoti. Si sentono circolare elicotteri ed e’ stato visto del personale militare in città. Per il resto è silenzio prima della tempesta.
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