Benessere e Salute
Figli in vetrina, lo Sharenting e il pericolo di esporre i bambini sui social
Lo sharenting nasce dalla combinazione di parenting (genitorialità) e sharing (origine da share – condividere) e indica la tendenza di condividere, in maniera compulsiva e continuativa, foto dei propri figli sui social. Oggi le finestre attraverso cui guardiamo il mondo e noi stessi è prevalentemente on line (pc, tablet, smartphone, smartwatch).
Il modo di apparire prende il sopravvento, scegliamo le immagini migliori, quelle che esprimono il come vogliamo essere visti, quelle che rispecchiano l’immagine interiore ideale di noi stessi. La fotografia ci parla allora del bisogno umano per eccellenza: il riconoscimento altrui e il bisogno della conferma dell’altro.
I bambini fin da piccoli sono affascinati dal vedere l’immagine di se stessi allo specchio, questo rimanda alla propria identità, alla conferma della propria esistenza.
La nuova era che stiamo vivendo è davvero molto affascinante e piena di risorse e vantaggi, che influiscono nella vita di ciascuno, rendendola molto spesso migliore, ma è sempre importante pensare all’uso che ne facciamo, con consapevolezza e parsimonia, soprattutto quando nei social finiscono le immagini di minori.
Ci chiediamo perciò cosa possa spingere un genitore a pubblicare le foto dei propri figli: lo fa per comunicare all’altro il proprio orgoglio, per il piacere di immortalare momenti che si vogliono mantenere nell’album dei ricordi (ormai mediatico), per condividere la propria felicità.
Il tutto però se fatto in maniera compulsiva, può riportare delle conseguenze anche sulla crescita del bambino, il quale sarà immerso in una realtà mediatica che apprenderà come abitudine.
Passare tanto tempo usando il telefono e dare un’importanza eccessiva ai social network, è molto probabile che generi nei propri figli lo stesso interesse, l’uso del cellulare diventerà più importante del giocare con altri bambini per esempio, il concetto stesso di intimità e privacy perde di significato, senza dimenticare l’aspetto della pornografia legata ai minori, un mercato che si alimenta, in buona parte, di immagini condivise dai genitori stessi.
Proteggere i propri figli dall’esposizione a questi rischi è fondamentale. Inoltre esiste il rischio di dare informazioni sulle abitudini e i luoghi dei propri figli, esponendoli così anche ad altri pericoli. Nell’articolo “Sharenting… should children’s lives be disclosed on social media?“, viene indicato che il 92% dei bambini sotto i due anni è già in qualche modo presente sui social network e che un terzo di essi compare online già prima dei 12 mesi d’età.
Uno studio recentissimo (2019) è quello di Gaëlle Ouvrein, dal titolo “Sharenting: Parental adoration or public humiliation? A focus group study on adolescents’ experiences with sharenting against the background of their own impression management”, in cui emerge un dato importante: attraverso le pubblicazioni di foto e contenuti, i genitori condizionano l’identità o il concetto di sé dei figli.
Fattore da non sottovalutare è quello della dipendenza, nell’avvertire costantemente l’impulso nel dover pubblicare sui social network, a volte con malessere anche fisico se non lo si fa immediatamente, il pensiero è focalizzato solo ad immortalare il momento per pubblicarlo.
Se la situazione rischia di sfuggirci di mano e il problema diventa invalidante si può richiedere l’aiuto di un professionista psicologo, con il quale si potranno comprendere le motivazioni che spingono a questo agito.
Il contributo per La Voce di Bolzano è della Dott.ssa Morena De Sarro. Psicologa, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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