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Benessere e Salute

Inganno e manipolazione: molto più di un “brutto vizio”?

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L’affermazione della propria identità e volontà costituisce uno degli obiettivi propri di ogni essere umano e si concretizza soprattutto attraverso azioni intraprese nella rete sociale in cui questi vive.

Grazie ai canali comunicativi verbali e non verbali, ognuno di noi può – e anzi deve – agire sull’ambiente circostante per adattarlo ai propri bisogni e scopi, derivandone così una sensazione di controllo e appagamento.

È un incontro essenziale che, d’altra parte, implica un inevitabile “scontro” con molteplici altri soggetti, ognuno a sua volta portatore di proprie convinzioni, ambizioni e aspettative. Semplificando si potrà quindi dire che, almeno in parte, ogni essere umano sarà istintivamente teso a condizionare chi lo circonda al fine solitamente di tutelare i propri interessi.






Ma in quali modalità può avvenire tale influenzamento e che ricadute può avere per il benessere psicofisico dei soggetti coinvolti?

Dalla seconda metà del ‘900 gli psicologi clinici hanno sviluppato il concetto di assertività per indicare le caratteristica di personalità e le abilità comportamentali riferite alla capacità di riconoscere le proprie esigenze e i propri obiettivi, riuscendo a manifestarli e perseguirli con vigore ma nel pieno rispetto del contesto sociale e della libertà altrui.

Un costrutto ben diverso è invece quello della manipolazione psicologica. Esso identifica quel tipo di influenza emotiva e sociale volta a plasmare e cambiare la personalità, il comportamento e/o le percezioni degli altri, indipendentemente dalle loro volontà, attraverso espedienti subdoli e ingannevoli.

In tali frangenti si evidenzia con il tempo il costituirsi di una relazione interpersonale squilibrata, orchestrata da un autore di raggiri, soprattutto psichici, che trasformano l’altra persona in una vittima, più o meno consapevole, lesa nella sua integrità e strumentalizzata unicamente a favore degli scopi del manipolatore.

Contrariamente al soggetto assertivo, il manipolatore pensa ed agisce in modo egoista, senza considerare il punto di vista altrui; è incurante dei confini fisici, psicologici ed emotivi degli altri; rinnega le conseguenze delle proprie condotte, deresponsabilizzandosi e colpevolizzando il mondo esterno.

Attraverso minacce e critiche, suggestioni e indottrinamenti, sabotaggi e intromissioni, l’individuo che manipola costruisce una comunicazione verbale ambigua e incoerente tesa soprattutto a controllare l’Altro, facendo leva su suoi possibili sentimenti di colpa ed ignoranza e/o inducendolo a indebite scuse e giustificazioni.

Il manipolatore, pur potendo risultare all’apparenza rispettabile, premuroso e sensibile, tende infatti a distorcere la verità, mettendo in atto quelle dinamiche di triangolazione fatte di intrighi e sotterfugi che vanno a colpire specifiche vulnerabilità psicologiche dei soggetti che sta bersagliando quali ad esempio il senso di autostima, la fiducia nella propria percezione della realtà, l’impressionabilità, il bisogno di approvazione e di riconoscimento in generale.

Ma quali possono essere le conseguenze di tale manipolatorio “trattamento”?

Inevitabilmente, essere soggiogati da perduranti meccanismi manipolatori estenua, strema e svilisce il manipolato, fino al possibile sviluppo di sintomi ansiosi, depressivi e somatici.

Crisi di pianto, disturbi del sonno, modificazioni dell’appetito, senso di perdurante insicurezza, bisogno esagerato di dipendenza, sensazione di compromissione della propria integrità e autonomia, confusione, difficoltà nel prendere decisioni e insoddisfazione per la propria vita possono essere altri importanti campanelli d’allarme che dovrebbero far riflettere circa le situazioni che si stanno vivendo.

Tuttavia va altresì riconosciuto che sottili forme manipolative sono potenzialmente onnipresenti nelle disparate dimensioni vitali dell’individuo, da quella più intima e familiare (parenti, amici) a quella più allargata e sociale (educazione, pubblicità, politica).
Esse conservano il loro valore di fisiologica normalità fin tanto che non sono motivate dal bisogno di sopraffazione altrui o dal desiderio di indurre l’Altro a tollerare o agire comportamenti non voluti e/o offensivi per sé stesso.

Qualora così non fosse, la manipolazione psicologica assume una chiara sfumatura patologica, ponendosi come la modalità relazionale tipica e/o prevalente del soggetto che la mette in atto.

Applicata indiscriminatamente e spinta da volontà maligne e dal desiderio di sottomettere per affermare il proprio sé, questa tendenza rappresenta un’inclinazione dal chiaro significato patologico, potendo arrivare ad integrare uno tratti necessari per porre diagnosi di disturbo di personalità antisociale e/o narcisistico.

 

Il contributo per La voce di Bolzano è del Dr Michele Piccolin, psicologo, perfezionato in psicologia e neuropsicologia forense, con la collaborazione della Dr.ssa Paolina Rosani.

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